Per chi lavora da anni in studi di registrazione, il marchio Dynaudio è ben conosciuto e apprezzato, ma da tempo la casa danese non presentava novità per il pro audio. ora si cambia registro: diamo il benvenuto alla serie LYD
Dynaudio non sono solo monitor professionali: l’azienda danese produce da sempre componenti per l’home audio, il car audio e le installazioni custom, molto apprezzati nel campo dell’hi-fi, e non ha mai smesso lo sviluppo e la ricerca nel campo dei loudspeaker. La sezione pro audio di Dynaudio raccoglie il meglio del know how dell’azienda con una costruzione senza compromessi. Ogni volta che Dynaudio è uscita con una nuova linea di monitor, i producer e i sound engineer hanno sempre teso un orecchio per capirne il suono e la qualità, spesso scegliendoli come main o nearfield monitor.
Scriviamo tutto ciò perché erano anni che Dynaudio non rinnovava la sua linea di monitor e la nuova serie Lyd raccoglie la sfida della modernità. Lo si intuisce dalla scelta dei primi monitor introdotti: versioni a 8, 7 e 5 pollici, a cui si è affiancato recentemente il monitor compatto a tre vie Lyd 48. Abbiamo scelto di provare le Lyd 7 come prime, perché il prezzo di acquisto e la costruzione ci sono parsi due punti a favore molto interessanti.
Hardware
LYD 7 sono monitor nearfield a due vie biamplificati in Classe D (2x50Watt) con disegno bass reflex e DSP incorporato. Il woofer, un classico di Dynaudio, è un 7 pollici con bobina in alluminio e realizzato con un polimero di silicato di magnesio, il tweeter è un soft dome di ultima generazione. Il crossover, grazie alle caratteristiche del woofer, è posto a 4300 Hz, un traguardo notevole considerando che spesso il punto di crossover è intorno ai 3 kHz, frequenza molto critica per la riproduzione delle medie frequenze. Il DSP lavora con conversione a 96 kHz/24 bit.
L’SPL massimo è pari a 109 dBSPL a 1m, non male per due casse relativamente piccole sia come dimensioni che potenza. L'uscita del sistema Bass Reflex non è frontale come in molti speaker, ma posteriore, e questo crea una sensazione di suono più diffuso e rotondo in generale, anche se può causare problemi quando ci si trova troppo vicini a una parete (ecco il perché dello switch Position). Il sistema di compensazione delle basse frequenze permette di avere un suono bilanciato anche a basso volume, stancando quindi molto meno i timpani del sound engineer e dando in linea di massima una percezione realistica di come suonerà il mix ad alto volume.
Controlli
Il pannello posteriore ha un ingresso XLR bilanciato, un ingresso RCA sbilanciato, switch Sensitivity con cui è possibile settare il livello operativo dei monitor a scelta tra +6, 0, -6 dB, dove +6 è per collegare apparecchi di tipo costumer quindi con una tensione di linea di circa 0.775V, mentre 0 è perfetta per il matching con le strumentazioni pro. C’è lo Standby Mode: quando è su Auto, l'amplificatore si spegne in automatico dopo un certo tempo, in modo da preservare energia, si riaccenderà appena sarà rilevato un segnale in ingresso, in modalità On invece non si spegnerà finché non verranno spenti i monitor tramite il tasto Power.
Il controllo Bass Extension sulla posizione 0 non applica equalizzazione, mentre sulla posizioni +10 e -10 avremo rispettivamente meno basse (filtro a 65 Hz) ma +5 dB di volume oppure più basse (45 Hz) ma -5 dB di volume. Troviamo poi Sound Balance cioè una leggera equalizzazione per settare al meglio la risposta in frequenza in base all'ambiente dello studio, con tre posizioni: N= Neutral, B= Bright (+1,5 dB sui 20 kHz), D= Dark (+1,5 dB sui 20 Hz). Infine lo switch a due step Position: Wall da utilizzare quando i monitor si trovino a meno di 50 cm da una parte posteriore, per evitare l'interferenza di fase causata dalle riflessioni generate dall'uscita posteriore del bass reflex, Free è da utilizzare quando si è distanti almeno 50 cm da una parete. La risposta in frequenza è di 45 Hz/21 kHz e il peso di 7,3 kg.
In prova
Partiamo dai pregi: lo sweetspot è largo, tanto da non sentire differenze timbriche o di fase a seconda della posizione di ascolto frontale, il che rende le LYD 7 molto simili ad un sistema di monitoring mid field, anche come immagine stereo e risposta in frequenza. Il woofer è in grado di arrivare a un punto di crossover di ben 4300 Hz, mentre la maggior parte dei monitor si ferma tra i 2 kHz e i 3 kHz: questo ha un effetto eccellente sulla morbidezza delle alte frequenze, probabilmente anche perché il tweeter deve lavorare di meno e non ci sono distorsioni e compressioni.
È facile quindi accorgersi se una voce è troppo dentro o troppo fuori dal mix, se i piatti sono troppo brillanti e se i riverberi hanno il volume e la presenza giusta nel mix. È a proposito dei riverberi che queste LYD 7 mi hanno mandato in brodo di giuggiole totale! Mi viene da pensare che questo sistema a un punto di crossover così alto tale che questi monitor si comportino in modo simile a dei tre vie, quindi con un cono separato per la gestione delle medie e medio-alte, facendo si che buona parte dei riverberi siano gestiti dal woofer anziché dal tweeter.
Questa è ovviamente solo una mia ipotesi, fatto sta che la tridimensionalità delle LYD 7 è incredibile, perché a seconda della quantità di ambiente dato in un mix, ogni cosa sembra provenire dalla distanza giusta: sentire le chitarre in prima linea, seguite dalla voce, e poi ancora più distante la batteria, cosa che raramente succede di percepire con dei monitor di questa fascia di prezzo, è entusiasmante ed emozionante.
Dinamica
Per ciò che riguarda la dinamica, le LYD 7 sono sensibili anche a compressioni minime, sia perché il finale in classe D permette una maggiore affidabilità, sia perché potendo lavorare a un volume abbastanza basso l'orecchio è più sensibile a queste variazioni: cioò va tutto a vantaggio della produzione, che non rischierà così di suonare troppo compressa e con fastidiosi effetti pumping non voluti, di cui a volte ci si accorge troppo tardi per porvi rimedio.
Sono inoltre monitor molto lineari e con la quantità perfetta di medie e medio-alte, di importanza cruciale per voci, chitarre, rullanti, piatti, tastiere e via dicendo e spesso difficili da dosare in modo che un mix suoni bene praticamente ovunque: molte volte mi è capitato di sentire bene le chitarre in un dato setting di ascolto mentre di sentirle sparire o esplodere su altri impianti, proprio perché i monitor su cui avevo mixato erano troppo o troppo poco mediosi.
Bastano anche due dB in più o in meno per causare tragedie vere e proprie, perché il nostro sistema uditivo è ultra sensibile alle medio-alte. Infine una critica personale: l’acustica dell’ambiente in cui sono poste le LYD 7 influenza molto la loro resa. In ambienti non trattati, è facile sentire le medio basse impastate, che talvolta mi è sembrato essere un difetto presente anche su altri modelli Dynaudio meno recenti. Inserite in un classico project studio di scarsa cubatura e con una quasi assente correzione acustica, il rischio è di togliere per compensazione troppe medio basse alla cassa, ai tom, al basso o a una voce maschile baritona.
Purtroppo non c’è alcun controllo DSP per ovviare a questo problema, perché tale problema si manifesta all'incirca tra i 120 Hz e i 200 Hz: il mio consiglio è di applicare una leggera equalizzazione al master per compensare tale risonanza, e il gioco è fatto.
Conclusioni
Le LYD 7 sono consigliatissime a chi produce EDM, Pop e Rock, per la loro affidabilità sulle basse frequenze anche a volumi piuttosto contenuti. Considerando la qualità costruttiva e i componenti, Dynaudio è riuscita a mantenere un buon prezzo, tanto che mi sono meravigliato che non costino un po' di più.
PRO
Rapporto qualità/prezzo
SweetSpot allargato
Punto di crossover a 4,3 kHz
Ottima risposta delle basse anche a volume contenuto
CONTRO
Medio-basse che tendono a risuonare
INFO
Prezzo cadauno: € 490,98 + IVA