Lavorare su una versione beta, fornita gentilmente da Midiware, distributore italiano di Arturia, permette di valutare cosa succede dietro le quinte e la filosofia che sta seguendo un software. Per la V Collection 6, la filosofia è apparsa in tutto il suo splendore entro pochi minuti di ascolto dei preset.
Da tempo Arturia ha raccolto tutti i suoi sintetizzatori virtuali all’interno di una suite che – a cadenza periodica - viene affinata nell’offerta per darle un preciso carattere; per esempio, a partire dalla quarta edizione, con la scomparsa della Drum Machine Spark, la V Collection ha abbandonato qualsiasi velleità nell’ambito delle workstation software, puntando all’interazione con la gamma di controller MIDI Arturia comparsi in tempi recenti, per proporre al tastierista amante del vintage una soluzione completa per fare musica in studio o sul palco. Con la V Collection 6, i tecnici francesi si spingono oltre con le proprie ambizioni, proponendo non solo nuove simulazioni, ma inserendo in alcuni engine dei nuovi originali tasselli per sperimentare: il vintage al servizio anche del sound designer moderno?
Caratteristiche generali
Nella V Collection 6 troviamo ben 21 virtual instrument con le seguenti novità: quattro nuove simulazioni di strumenti che comprendono i sintetizzatori Buchla Easel, lo Yamaha DX7, la storica workstation Fairlight CMI e l’Hohner Clavinet, più due update per gli strumenti Piano V e Analog Lab giunto alla terza edizione. In un capitolo dedicato troverete gli aggiornamenti previsti per gli altri strumenti contenuti nella suite. La V Collection 6 è disponibile per piattaforme Mac/Windows e gli strumenti in essa contenuti possono essere impiegati in modalità stand-alone o come plug-in, nei formati VST, AAX o AU. Riguardo all'installazione, è rimarchevole la possibilità di selezionare l’hard disk dove depositare ogni strumento della libreria. Un passo avanti nella gestione dello spazio su hard disk che ci voleva!
Analog Lab 3
Oltre a un robusto restyling dell’interfaccia grafica e di alcune denominazioni per semplificarne l’uso, Arturia ha apportato piccole integrazioni in ogni sezione del software: all’interno del menu Export è stata inserita l’esportazione delle Playlist, con tutti i preset a esse associati, per compiere operazioni di backup; accanto alla Toolbar troviamo la cella per accedere al nuovo InApp Store di Arturia, per acquistare serie di banchi Preset per ciascuna emulazione, che saranno sviluppati da noti Sound Designer. Il browser di Analog Lab 3 semplifica la selezione dei preset, con quattro celle sulla parte alta per accedere alle tre categorie timbriche disponibili (Synth, Piano e Organ) e alla modalità Multi. Nel modo Multi è stata introdotta la modalità Swap, per scambiare i preset all’interno delle due parti disponibili, mentre l’area controlli è stata ribattezzata Edit Section, attivabile tramite la cella dedicata. Anche la veste grafica della sezione effetti è stata rivista, mentre non cambia il numero di blocchi (due) e di algoritmi disponibili (13). Nella modalità Live dedicata all’interazione con l’hardware è stata introdotta un’opzione Snapshot aggiuntiva, per visualizzare sullo schermo il punto di split impostato suonando delle note sulla tastiera, oltre ai set di parametri dedicati a controller MIDI di Arturia come il MiniLab MKII e il KeyLab Essential.
Piano V 2.0
Le principali novità riguardano l’inserimento di tre nuovi modelli di pianoforte, che portano a 12 le varianti disponibili, l’emulazione della ripresa microfonica che comprende parametri per il posizionamento, il livello e il pan di quattro microfoni, impiegabili ora anche a coppie stereo e con impostazioni dedicate su ciascun canale anche per quanto concerne il delay. Tra i modelli disponibili, troviamo tre varianti di pianoforte a coda di provenienza americana, giapponese e tedesca, una variante denominata Pop, più tre modelli futuristici che adottano anche tavole armoniche in metallo o vetro, infine cinque modelli di pianoforte verticale. La sezione effetti è stata irrobustita con l’inserimento di blocchi dedicati a un compressore, un delay stereo e un equalizzatore a cinque bande con frequenze Low/High di tipo Shelving e tre bande parametriche, oltre al riverbero a convoluzione.
Nell’interfaccia utente, accanto alla tastiera in gamma acuta è stato inserito un fader per la regolazione del volume generale (range da -80/+12 dB), mentre nella parte bassa in una cella tra le informazioni si possono definire le voci di polifonia impiegate (da 1 a 256 note), infine nel menu Export spiccano le due opzioni dedicate all’esportazione di menu e playlist per lo scambio con altri computer. Tra i parametri di editing sono stati introdotti il Fine Tuning e il Transpose che, nello specifico, simula quanto avviene nella realtà intervenendo sulla tensione delle corde della controparte acustica. Il numero di preset dedicato alla regolazione della Velocity è stato incrementato a sette curve (cinque nella versione 1.0) non modificabili, più altre quattro che l’utente può modificare per partire a creare degli User Preset; una curva personalizzata può contenere fino a 16 punti di Velocity impostabili (cinque nella versione 1.0).
DX7 V
Anche Arturia si cimenta nella realizzazione di un generatore in modulazione di frequenza dedicato allo storico sintetizzatore di Yamaha: l’architettura ricalca in buona parte l’originale – lo dimostra la compatibilità con i banchi sysex di preset allestiti su un DX7 – ma si può andare oltre l’emulazione, grazie a una serie di funzionalità inedite. L’emulazione TAE della sintesi FM prevede i canonici sei operatori con 32 algoritmi ma mette a disposizione ben 25 forme di onda, con funzioni di Sync, Feedback Loop indipendente e inversione dell’andamento della waveform nell’operatore. Si possono copiare le impostazioni degli operatori tramite semplice operazione di copia/incolla. Oltre alla modalità Unison monofonica/polifonica con Detune attivabile, tra gli altri parametri disponibili troviamo il Portamento, una coppia di LFO indipendenti (e sincronizzabili), e in ciascun operatore, udite udite, è possibile definire sia un filtro risonante (tre tipi), sia un Amplitude Envelope Generator che ricalca quello originale, oppure selezionare delle varianti DADSR o multisegmento (MSEG); gli inviluppi MSEG si possono inoltre porre in loop o in Sync con il Master Clock. DX7 V offre anche tre generatori di inviluppo rispettivamente per Pitch e una coppia di modulazioni. La risoluzione dei convertitori in uscita è selezionabile a 12 o 24 bit (Vintage o Modern), mentre una piccola cella sulla destra nel menu di editing degli operatori ospita un oscilloscopio che visualizza l’andamento della forma di onda selezionata. L’emulazione offre inoltre una matrice di modulazione a 24 celle, i controlli Macro assegnabili per modulazioni complesse, sezioni di arpeggiatore e Step Sequencer impiegabile anche come sorgente di modulazione, una sezione effetti che comprende fino a quattro blocchi FX impiegabili contemporaneamente, in serie o in due coppie parallele (11 algoritmi ciascuno).
I preset sono organizzati all’interno del Browser secondo precise categorie orchestrali, mentre la risposta alla Velocity è definibile dall’utente. L’interfaccia utente di default include la tastiera virtuale con accanto sulla sinistra le canoniche wheel per Pitch Bend e Modulation, mentre nella parte alta sono disposti controlli globali per regolare il Transpose e l’intonazione, oppure dosare l’intensità di parametri quali Amplitude e Pitch Modulation. In un pannello dedicato troviamo – partendo da sinistra – il fader per la regolazione del volume e ben quattro Data Entry/Macro Control assegnabili; al centro del pannello troneggia uno schermo che mostra l’algoritmo selezionato, mentre a destra troviamo switch per regolare parametri come il Feedback, il Pitch EG, la modalità Mono/Poly, infine i set di controlli dedicati al Portamento e all’arpeggiatore. Selezionando la modalità avanzata, si apre una finestra in mezzo al pannello che consente di selezionare fino a quattro menu dedicati rispettivamente alla gestione degli operatori, delle modulazioni e i generatori di inviluppo ad essi assegnati, infine accedere alla sezione effetti. È da qui che la versione francese del DX7 decolla verso cieli timbrici mai ammirati prima. Le sorgenti di modulazione, da applicare a una delle 24 celle della matrice, comprendono controller classici (Pitch Bend, Modulation, Afterouch, Velocity, Expression, Keyboard e Breath Controller) e sorgenti indipendenti come LFO1, LFO2, Sequencer con Ramp e Gate in grado di lavorare in Free Run, due inviluppi di modulazione e inviluppo del Pitch, a cui si aggiunge il keyboard scaling e l'inviluppo di volume (al momento non funzionante) per i singoli operatori. La generazione timbrica in FM si espande non appena si usa una di queste sorgenti (soprattutto LFO e inviluppi) per modulare il pan, il feedback, il cutoff e la risonanza applicabili a ogni singolo operatore. Più classiche, come modulazioni, quelle di Pitch, Level e Envelope per singolo operatore, già attive di default. Se a questo armamentario aggiungiamo anche il sequencer, è chiarissimo che il DX7 V è in grado di generare inediti timbri ibridi che portano i colori della sintesi sottrattiva assieme alla distorsione armonica prodotta dall'FM classica.
Vale la pena di osservare che ogni operatore può essere filtrato da un filtro passabasso, un filtro passa-alto o un filtri passa banda, limitando così il range di frequenze da usare per la modulazione FM. La possibilità infine di usare pan differenti per gli operatori portanti conduce a sperimentazioni stereofoniche e spaziali inedite. Per chi si occupa da tempo di programmazione FM, è sufficiente scaricare la demo dal sito di Arturia e aprire il pannello della matrice di modulazione. Oltre alla grande facilità di programmazione, appare chiaro che il Arturia è andata molto avanti nella sintesi a modulazione di frequenza.
Clavinet V
E’ l’emulazione della storica tastiera realizzata a suo tempo da Hohner: si può allestire una simulazione basata sui primi modelli dotati di due file di pickup, oppure selezionarne la variante Six-Core che equipaggiava il più famoso D6. L’utente può stabilire l’attivazione di una o due file di pickup e la fase. La simulazione di un Clavinet serie D è completata con l’inserimento del controllo per dosare la barra che smorza le corde nell’originale. Analogamente ad altre emulazioni quali lo Stage-73 V o il Farfisa V, anche per il Clavinet V è possibile definire il comportamento timbrico, scegliendo fino a cinque profili armonici selezionabili nello strumento, mentre il set esterno comprende ben sette stompbox dedicati, di cui cinque impiegabili contemporaneamente, e una simulazione di un amplificatore a valvole Fender Twin del 1970, con controlli per EQ, Tremolo e un riverbero a molla.
Oltre a cinque curve di Velocity predefinite e una modificabile dall’utente, è rimarchevole nel Clavinet V la polifonia estesa fino alle 88 note. Il menu dedicato all’editing avanzato comprende, oltre alla selezione del profilo armonico e la regolazione della risonanza delle corde, i parametri Release Time, Tuning, la regolazione della Velocity (Dynamics) e l’intensità di rumori tipici generati rispettivamente dal rilascio del tasto, dai martelletti e dai pickup.
CMI V
Dopo il NED Synclavier comparso nella quinta versione della suite, Arturia ora propone anche la replica virtuale del suo concorrente dell’epoca. Il Fairlight CMI emulato è la versione IIx comparsa nel 1983: un modello che – secondo le intenzioni del marchio australiano – avrebbe dovuto segnare una svolta, perché oltre a un campionatore con risoluzione a 8 bit e una frequenza massima di campionamento di 32 kHz, la serie IIx era dotata di supporto MIDI e un software sequencer a corredo denominato Page R, che tramutava lo strumento in una workstation a campionamento, con sezione di sintesi in additiva a supporto. Il costo proibitivo dell’epoca (pari a un bell’appartamento a Milano) ne limitò fortemente le vendite, portando al fallimento di Fairlight nel 1988, ma il suono del CMI è rintracciabile in svariate hit e colonne sonore a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. Arturia, come di consueto, ha esteso le possibilità sonore: la risoluzione è stata aggiornata a 16bit 44,1 kHz, senza limitazioni riguardo al tempo di campionamento disponibile, mentre sull’originale era fissato per limiti fisici di memoria a soli 30 secondi complessivi (mono/stereo). Gli slot per inserire timbriche da elaborare sono stati estesi a 10, mentre un mixer interno consente ora di abbinare una serie di effetti (14 algoritmi selezionabili) sul Master Out o sui singoli canali.
L’interfaccia del CMI V è stata semplificata per snellire il workflow: sulla tastiera virtuale troviamo i controlli Macro assegnabili (sei switch e altrettanti fader), mentre in un controller separato sono disponibili fader per parametri di Filter, Sample Start, Vibrato Speed, Vibrato Depth, Aux Level, Attack, Damping 1/2. In una seconda finestra è raffigurato il case del CMI originale, ma soprattutto il suo famoso schermo a fosfori verdi che qui dispone di quattro modalità operative: Sound, Sequencer, Mixer e Tune/Map. Nel sottomenu Edit del modo Sampling in area Sound – attraverso il pulsante Analyse – si giunge all’analisi FFT (Fast Fourier Transform) del campione importato, per elaborarlo in seguito nella modalità Time Synth. Il modo Spectral Synth consente di arricchire il contenuto armonico di una patch grazie alla sintesi additiva: cliccando su una cella vuota e selezionando questa modalità si possono elaborare fino a 32 armoniche di una waveform; nella sezione Evolution si determinano la fondamentale (una sinusoide di default) dosandone inoltre l’enfasi, il suo volume e quello delle armoniche. Da segnalare la sezione Assign, che consente di mappare tramite MIDI i controlli posti sulla tastiera virtuale; la sezione opera in stretta correlazione con quella Function, dove fino a sei sorgenti di modulazione sono applicabili su ogni cella.
L’architettura del sequencer Page R ricalca l’originale: 10 tracce dove inserire altrettante patch, più otto pattern da 32 step ciascuno da combinare tramite concatenazione per creare la song; l’editing è essenziale e oltre a operazioni tramite mouse quali l’inserimento/cancellazione, il cambio di altezza, durata o il valore di Velocity della nota, sui pattern è possibile intervenire sulla lunghezza degli step contenuti (Polyrhythm) o con correzioni ritmiche tramite lo Swing.
Buchla Easel V
Arturia considera questa emulazione come il culmine della sua esperienza nello sviluppare virtualizzazioni di storici sintetizzatori. Frutto della mente del compianto Don Buchla, la prima versione del Music Easel compare nel 1974: si tratta di un sintetizzatore analogico monofonico semi modulare Model 208 abbinato a un Touch Keyboard Controller Model 218, il tutto racchiuso in una valigetta in materiale plastico per rendere lo strumento trasportabile ovunque. Per quanto concerne la storia di Don Buchla e la genesi di questo sintetizzatore vi rimando agli ottimi cenni storici inseriti da Arturia nei manuali. L’interfaccia dell’Easel V presenta qualche piccola differenza rispetto alla controparte originale, perché – per esempio - il routing MIDI/audio è a carico della DAW, mentre per la gestione delle Patch il software dispone di un database dedicato. Arturia è intervenuta pesantemente in questa emulazione, integrando una serie di caratteristiche volte a espanderne le potenzialità timbriche, come la quantizzazione di entrambi gli oscillatori per allinearli a una precisa scala cromatica, due generatori di rumore e di feedback inseriti nella sezione Pre-Amp, una polifonia estesa a quattro note, l’introduzione di una modalità Auto-Trigger per il generatore di inviluppi per tramutarlo a scelta in un LFO, l’inserimento nel parco connessioni di prese per Velocity, Wheel e Key Follow per il controllo del relativo voltaggio tramite MIDI, infine una complessa e originale modalità Advanced con tre sezioni selezionabili denominate Left Hand, Right Hand e Gravity, più una sezione effetti dotata di due blocchi FX posti in parallelo (10 algoritmi ciascuno). La sezione Left Hand cela un mixer con cinque slot per altrettanti generatori di tensione applicabili a ogni modulo dell’Easer V.
La sezione Right Hand ospita un sequencer polifonico a 32 step, con la possibilità di trasporre la sequenza attraverso i quattro pad posti sulla destra della Virtual Keyboard. La sezione The Gravity Universe è interessante, ma la sua architettura con tutta probabilità è stata studiata da un fan di Star Trek: essa consente di generare una serie di tensioni letteralmente sparando un impulso rappresentato graficamente da una piccola pallina all’interno di un piano cartesiano che rappresenta l’universo, dove all’asse X e Y è possibile assegnare fino a due destinazioni di modulazione differenti; la sorgente di trigger che lancerà la pallina può essere stabilita dall’utente (tastiera, impulso o nota del sequencer), e una volta lanciata possiamo scegliere se farla rimbalzare liberamente tra le pareti dell’universo, inserire nell’area altri ostacoli come delle sfere o muri sui cui la pallina dovrà rimbalzare (Repeller e Wall) o indirizzarla verso un pianeta con campo di forza gravitazionale che ne varierà la traiettoria (Planet), oppure inserendo nell’universo virtuale addirittura dei buchi neri! La sezione The Gravity Universe dispone anche di una modalità Random, per ottenere una serie di modulazioni del tutto casuali.
Altri aggiornamenti
Come di consueto, tutti gli strumenti contenuti nella V Collection hanno ricevuto degli aggiornamenti volti a introdurre nuove funzionalità e a correggerne eventuali bug, oltre al browser rivisto in alcuni dettagli. In termini di interazione con l’hardware, la novità è rappresentata dal supporto per tutti i controller MIDI Arturia riguardo alla selezione dei vari strumenti contenuti nella suite, mentre per la gestione tramite hardware di terzi ricordo che già dalla quinta edizione la V Collection supporta il formato NKS di Kontakt. Spostandosi sui singoli strumenti, nel B-3 V è stato introdotto il supporto per la pedaliera dei bassi, mentre nel Jupiter-8 V è stato inserito un preset Init nei Template del browser, migliorati i controlli per la gestione del sequencer e introdotta la possibilità di caricare i preset nelle parti Upper/Lower all’interno delle modalità Dual e Split. Nel Matrix 12 V ora si può selezionare le modalità Single/Multi, mentre nel Modular V è stata introdotta la possibilità di attivare il Retrigger sull’LFO. Il Prophet V riceve in dote nuove variazioni per i motori del Prophet 5 e del modello VS, anche combinati tra loro nella originale versione ibrida. Nello Stage V e nel Wurli V è stata introdotta la possibilità di creare e salvare curve di Velocity personalizzate, mentre nel browser della simulazione del Fender Rhodes i preset dedicati ai due modelli Stage e Suitcase sono stati ordinati separatamente.
Il test
In Arturia hanno orecchie ben tese ai feedback dell’utenza: lo dimostra l’aver reso più flessibile l’installazione della suite, una scelta che riceve il mio personale plauso. Il Control Center è il centro nevralgico non solo per la validazione delle licenze, ma anche per verificare il rilascio di nuovi aggiornamenti. Se l’interazione della suite con l’hardware Arturia da tempo è totale, con Analog Lab 3 stavolta mi sono dilettato a gestire la V Collection 6 con un controller di terzi piuttosto datato come una CME VX che impiego in sala prove: grazie al MIDI Learn con pochi colpi di mouse ogni strumento è piacevolmente sotto controllo e fissare una traccia di V Piano con le relative automazioni dei parametri, per i video che sto realizzando per Audiofader, è stato un gioco da ragazzi. Di Analog Lab apprezzo da tempo il modo Multi, che consente di creare al volo un database di timbriche stratificate made in France in un attimo. In questa terza versione lo Swap tra i preset in un Multi o la riorganizzazione del menu per selezionarli sono due elementi che snelliscono ulteriormente il workflow. Passando all’analisi dei nuovi strumenti, occorre una premessa: quando un software ti inchioda alla poltrona tenendoti davanti al monitor per ore con un sorriso ebete stampato sul volto mentre provi le sue timbriche, per chi scrive è un successo. Il fatto è che con la V Collection 6 questo fenomeno si è ripetuto ogni volta che ho aperto una novità, a partire dall’ottimo CMI V: benché avessi tra le mani una versione beta, in cui il volume tra i preset era ancora leggermente sbilanciato, con questo strumento si fa davvero un bel salto nel passato ma anche nel futuro. L’editing del sample può far sorridere, oramai abituati ad automatismi per ogni operazione previsti nei più recenti campionatori, ma un salto all’indietro nel compiere operazioni alla vecchia maniera – come suggerito da un amico in sede di prova – può rivelarsi istruttivo per i più giovani e una piacevole riscoperta per chi quell’epoca l’ha vissuta. In fondo, i limiti sono spesso la fonte creativa per nuovi suoni.
I tecnici francesi sono rimasti fedeli all’architettura proposta dall’originale, intervenendo solo con piccoli ma significativi ritocchi: le celle estese come numero, ma soprattutto la possibilità di elaborare i sample con la sintesi additiva consente di allestire timbriche di notevole spessore. Sarà considerato un sacrilegio, ma per chi scrive una funzione Undo non guasterebbe in talune condizioni operative ma, in ogni caso, questo CMI V suona davvero bene se paragonato con l’originale: caldamente consigliata un prova se amate il genere. Il Buchla V è un’altra autentica sorpresa e, dopo la prova, comprendo l’orgoglio dei tecnici francesi che trapelava nelle note del manuale: l’ottima resa percepita in gamma bassa lo mette tra i miei synth monofonici preferiti nella suite, a pari merito con la controparte Mini V in sottrattiva. Se vi piace programmare ma non avete mai incontrato sul vostro cammino una realizzazione di Don Buchla, vi consiglio di ritagliarvi una bella fetta di tempo per scoprirlo, peraltro ben supportati dalle nuove modalità operative introdotte da Arturia; viceversa, per il Sound Designer questo virtual vitaminizzato potrebbe rivelarsi davvero appagante per realizzare timbriche di notevole spessore. Anche il DX7 V riceve dal sottoscritto un voto molto alto, sia in termini di suono che per quanto concerne l’interfaccia. Non ho mai amato le virtualizzazioni fin qui proposte dello storico synth in FM di Yamaha, ma il DX7 V mi ha fatto ricredere: la conversione vintage fa il suo dovere restituendo un suono leggermente più sporco e vicino all’originale, mentre le opzioni di editing possono disorientare sommando i bonus inseriti da Arturia. Alzi la mano chi non si è mai scornato con l’editing della sintesi FM: l’emulazione francese realizza un nuovo sistema per programmare con scioltezza il suo engine. Da segnalare l’andamento in tempo reale degli inviluppi nelle schermate dedicate, sulla falsariga di quanto proposto nell’interfaccia del Synclavier.
Il supporto per le patch del DX7 è la porta aperta per lanciarsi su internet in cerca di vecchi banchi preset (oggi gratuiti) a cui ridare vitalità. Dove l’emulazione finisce, comincia il futuro: le 25 forme d’onda, le possibilità di loop degli inviluppi (visti per la prima volta su Yamaha SY99), e l’uso di filtri sul singolo operatore aprono un nuovo universo di distorsioni armoniche mai esplorate prima, portando la classica FM negli anni 2000 per la gioia dei (pochi) programmatori FM affamati di nuove opzioni. Nel Clavinet V, due sono i particolari che mi hanno colpito: in primis, il (per me) fin troppo marcato Key-Off percepibile in diversi preset, che però regala un bel tiro in un’esecuzione Funky, mentre l’emulazione del Fender Twin e gli effetti di contorno sono ottimi tasselli per sporcare la resa sonora e darle più grinta, oppure sperimentare nuove sonorità per altri contesti musicali. L’effetto Key-Off è stato evidentemente ripreso dal difetto dei gommini usurati che tendevano a sporcare il segnale captato dai pick-up.
Riguardo al Piano V 2.0, non rilevo sostanziali novità nel carattere rispetto alla prima versione, quindi vi rimando alle considerazioni espresse nel test della V Collection 5 pubblicato a suo tempo: resta uno strumento valido se non volete impazzire nel mix equalizzando il suono di un pianoforte a coda campionato e piuttosto ingombrante nel carattere, oppure se volete sperimentare nuove sonorità nell’elettronica, grazie a quelle modellazioni con cassa in vetro o tavola armonica in metallo, che rimandano ad altri esperimenti in materia svolti a suo tempo da Roland con il suo V-Piano. La fedeltà ai modelli classici di pianoforte non sembra essere negli obiettivi di Arturia per V-Piano. Un cenno riguardo alle risorse di sistema impiegate dalla V Collection 6: caricata sulla stessa DAW che ha ospitato la versione precedente, non ho notato variazioni di rilievo nell’indicatore delle risorse, segno che – nonostante si discuta di modellazioni fisiche – i tecnici francesi oramai hanno padronanza anche con l’ottimizzazione delle prestazioni. In conclusione, nei giorni di test intensivo svolto con questa suite, pur essendo una versione beta, non ho rilevato alcun crash o blocco improvviso dei virtual instrument impiegati sia in modalità stand alone, sia caricati come plug-in nella mia DAW: anche questo è un buon segno.
Conclusioni
Arturia dimostra di aver raggiunto una notevole maturità in termini di emulazioni software, al punto da spingersi oltre con questa V Collection 6, introducendo nuove funzionalità nell’editing di alcuni strumenti, per ampliarne il range di impiego: il Buchla Easel V o il DX7 V sono due ottimi esempi in tal senso. Una libreria che si rivela sfruttabile con profitto da qualsiasi fascia di utenza: dal neofita in cerca di una bella palestra con cui scoprire le varie tecnologie di sintesi, all’amante del vintage con poco spazio (e risorse economiche) per permettersi le varianti hardware, fino al sound designer che con la V Collection 6 potrebbe ampliare il proprio parco di generatori per scolpire sonorità originali e di notevole spessore. Last but not least, il prezzo di questa suite è competitivo, perché acquistando separatamente tre o quattro strumenti Arturia arrivate alla cifra richiesta per l’intera suite: vale la pena? Un bravo ad Arturia per il lavoro svolto è doveroso ma, adesso, scusate: torno davanti al mio CMI V perchè devo finire di campionare alcune forme di onda da dare in pasto a questa bella emulazione: nel frattempo, andate a provare questa V Collection 6, chissà che non capiti anche a voi di rimanere rapiti davanti a monitor e mouse per ore!
PRO
Suono e possibilità di editing delle nuove emulazioni
Ritocchi nell’interfaccia della Analog Lab 3
CONTRO
La funzione Undo non guasterebbe in taluni virtual instrument
INFO
Prezzo: € 311,22 + IVA (promozione valida fino al 17 gennaio 2018)