Come creare uno studio di successo partendo da hardware e software recentissimo? Lo abbiamo chiesto a Corrado Molon, che ha costruito Kalimba Studio in questi ultimi anni, ricercando le migliori soluzioni sul mercato attuale
La storia di Corrado e di Kalimba Studio passa prima di tutto dalla sua passione per il suono, come accade per chiunque lavori in questo settore. Cresciuto sperimentando nella registrazione e nel mix, ha deciso di trasformare quello che era un project studio per pochi in uno studio commerciale a tutti gli effetti. Kalimba Studio è equipaggiato con outboard analogico attualmente in produzione, scelta che risulta perfetta per la clientela dello studio.
Luca Pilla Iniziamo da lontano: come è nata la tua passione, come l'hai sviluppata e quali sono stati gli step per arrivare alla nascita di Kalimba Studio?
Corrado Molon La musica è sempre stata la mia più grande passione, fin da piccolo. All’inizio cominciando a collezionare CD, cassette e vinili, poi costringendo mio fratello e mio zio a portarmi a ogni concerto possibile, infine iniziando a suonare la chitarra con mio padre. In seguito, ho iniziato a studiare pianoforte, che nel tempo è poi diventato il mio strumento principale. Nello spazio dove ora si trova Kalimba Studio, ho sempre avuto una sorta di home studio dove provare e comporre con diverse band. Ma mentre all’inizio mi dedicavo più al ruolo da musicista, a un certo punto sono iniziati i primi esperimenti relativi alla registrazione e mi sono reso conto di quanto fossi affascinato da questo mondo, ma anche di quanta conoscenza richiedesse.
Così nel 2012 ho iniziato a frequentare corsi di produzione musicale e di Apple Logic Pro X con Alessandro Magri (storico tastierista e collaboratore di Biagio Antonacci, Vasco Rossi, Gianni Morandi, Andrea Bocelli e Stadio) presso Audio Engine Music a Cento (FE), il più importante Apple Training Center d’Italia. Nel 2013 ho trascorso tre mesi a Los Angeles e ho avuto modo di frequentare corsi con David Nahmani (autore dei manuali ufficiali Apple di Logic Pro da anni) nonché diversi workshop su recording e mixing, in particolare con Ronan Chris Murphy (King Crimson, Tony Levin, ecc).
Nel giugno 2014 ho frequentato il corso Apple T3 con John Moores (guru di Logic Pro X) presso la sede Apple di Londra e sono diventato Apple Certified Trainer, iniziando subito dopo a tenere corsi di Logic Pro X sempre presso Audio Engine Music. Volendo mettere a frutto gli anni di formazione, ho iniziato a valutare l’idea di dare una nuova forma al mio home studio e ho contattato Donato Masci per iniziare a parlare delle mie idee. Da lì è iniziato un percorso di circa un anno tra sketch, progetti, revisioni, demolizione del vecchio spazio e qualche mese di cantiere. Nel settembre 2015 ho potuto inaugurare Kalimba Studio e ricominciare così l’attività di corsi, registrazione e mixaggio.
LP Chi ha creato il progetto acustico?
CM Il progetto di Kalimba Studio è stato creato da Donato Masci di Studio Sound Service, che ha saputo dare una forma a tutte le idee che gli proponevo. La realizzazione è stata poi seguita da Francesca Bianco e dal team di Proaudio Consulting, che oltre ad aver fatto un lavoro meraviglioso hanno saputo curare anche i più piccoli dettagli: dai diffusori a forma di Kalimba alla console custom creata appositamente per le mie esigenze. Per quanto riguarda la strumentazione e il cablaggio invece il team di Smap Audio e di CabloCustom mi è stato di grandissimo supporto.
LP Parliamo della regia: attualmente quali monitor stai usando e perché?
CM Attualmente sto utilizzando una coppia di Kii Three Pro. Diciamo che per arrivare alle Kii il percorso è stato abbastanza lungo. In fase di progettazione ho scelto di non basare la regia su dei main monitor incassati a muro, perché avevo sempre lavorato con dei nearfield come le Focal Solo6 (che adoro) e volevo mantenermi flessibile, senza vincolare pesantemente la stanza a monitor che non conoscevo così a fondo. Nel corso dei primi due anni ho provato diversi monitor nearfield e midfield, anche affiancando dei subwoofer, ma comunque non ero mai soddisfatto al 100%. Mancava sempre un po’ di “corrente” e di volume, soprattutto su generi come House e EDM su cui mi capita spesso di lavorare e la risposta in frequenza non era mai ottimale.
La prima volta che ho avuto l’occasione di provare le Kii nella mia regia è stata una rivelazione. Della serie “ma finora, cosa stavo ascoltando?”. A parte la potenza, che ora mi consente di mixare generi molto carichi di basse frequenze anche ad altissimi volumi (quando i DJ lo richiedono), la cosa che mi ha lasciato stupito è la loro linearità e la naturalezza a qualsiasi volume. Spesso mixo a basso volume e anche in quel caso non c’è nessuna perdita sulle basse, il balance è sempre uguale. Così come quando alzo il volume, non sento nessun tipo di distorsione o cambiamento nei rapporti tra gli strumenti. Inoltre, il fatto che siano cardioidi mi ha permesso di attenuare molto alcune piccole cancellazioni di fase che avevo nel punto di ascolto.
Un’altra cosa che mi ha lasciato stupito è questa: a volte mi capita di affittare la mia regia a terzi, in particolare a due persone che lavorano con sistemi abbastanza diversi (NS10 con sub uno, main monitor Genelec l’altro) e che regolarmente quando venivano in regia da me avevano bisogno di ascoltare mezzora di reference per adattare l’ascolto e il giorno dopo mi chiamavano dicendomi che avevano dovuto fare diverse modifiche al mix. Da quando sono arrivate le Kii, è cambiato tutto: quando arrivano, gli basta ascoltare una reference e si parte e finora non sono state necessarie revisioni ai mix, come se avessero mixato in un ambiente che conoscono alla perfezione.
Mi ricordo la prima volta che le ha ascoltate un altro mixing engineer con cui collaboro spesso. Mi ha detto “Suonano così bene che sembra che la regia sia stata progettata attorno a queste casse”. Non avrei saputo dirlo meglio…
LP Cosa hai ritenuto indispensabile come hardware e perché?
CM Ovviamente, registrando spesso batterie e anche band al completo, c’era bisogno di una dotazione di preamplificatori che consentisse di registrare più strumenti contemporaneamente e di offrire anche una palette sonora abbastanza ampia. In questo momento, quelli che uso di più sono gli Shelford Channel di Rupert Neve, i classici API 512c e i CAPI VP28. Tra l’altro, credo che i CAPI come rapporto qualità/prezzo siano tra gli acquisti migliori che abbia mai fatto.
Per quanto riguarda la fase di mix, ho deciso fin dall’inizio di basare tutto il sistema attorno alla somma analogica, in parte quella di Rupert Neve e del loro 5059 Satellite. Non voglio entrare nel confronto tra il “calore dell’analogico” contro “il digitale freddo e brutto”, alcuni dei miei mixing engineer preferiti lavorano al 100% in-the-box per cui non ho quel tipo di pregiudizio. Diciamo che, riguardo al mio workflow, sento che utilizzare un sommatore come il RND Satellite 5059 mi aiuta a raggiungere molto prima i risultati che cerco in quanto a pasta sonora, immagine stereo e amalgama tra gli strumenti.
Per lo stesso motivo, trovo importante l’utilizzo di outboard analogico, in particolare quando c’è bisogno di compressioni importanti. Ad esempio, durante il tracking della voce utilizzo quasi sempre un TubeTech CL1B, mentre in mix ci sono un paio di compressori a cui farei fatica a rinunciare, come i Distressor EL8 di Empirical Labs su cassa e basso o lo Zener Limiter di Chandler sul gruppo di batterie e percussioni.
LP Quali sono i plug-in sui cui fai più affidamento?
CM Il primo che mi viene in mente è Pro-Q 2 di FabFilter. Uso moltissimo tutti i loro plug-in, dal Pro-C2 al Pro-DS, dal Saturn al Pro-MB. Ma il Pro-Q 2 ha alcune caratteristiche che lo rendono per me fondamentale, come ad esempio l’analizzatore di spettro con cui poter “afferrare” i peak e le relative frequenze e anche la possibilità di mettere in solo la frequenza su cui si sta lavorando. Utilizzo molto i plug-in di Universal Audio (in particolare 1176, LA-2A, i riverberi EMT e Studer A-800) e parecchi effetti di SoundToys, soprattutto Decapitator e Echoboy.
Mi piacciono i riverberi di Valhalla, molti plug-in Waves e il Diamond Color EQ di Acustica Audio. Inoltre, trovo veramente utile Trackspacer di Wavesfactory, che uso spesso in sidechain tra cassa e basso, oppure su synth e chitarre per fare un po’ di spazio alla voce. Detto questo, penso che molti dei plug-in di Logic Pro X, la DAW con cui lavoro, siano bellissimi, soprattutto considerando che sono inclusi con il software. Ad esempio, trovo che i Vintage EQ (introdotti con un recente aggiornamento, con le emulazioni Pultec, Neve e API) siano di qualità assolutamente pari alle varie emulazioni UAD e Waves, con un paio di modifiche molto sensate e non legate alla replica maniacale all’originale, come ad esempio la selezione variabile delle frequenze.
Siamo nel 2018, credo sia giusto ricreare il sound delle macchine che hanno fatto la storia, ma senza per questo replicare anche tutte le loro scomodità. Ad esempio, sui Vintage EQ di Logic trovo comodissimo il fatto di poter utilizzare più liberamente il classico low-end trick del Pultec o il midrange del 1073.
LP Parlando di registrazione, quale setup usi per la voce?
CM Per qualsiasi cosa debba registrare, cerco sempre la combinazione microfono/preamplificatore che meglio si adatta allo strumento. Diciamo che la voce è la cosa su cui cambio più spesso, perché spesso il setup che funziona perfettamente per un cantante non funziona per nulla su un’altra voce. Ultimamente, i due microfoni che ho utilizzato più spesso sono stati il Neumann U47 Fet e il Chandler REDD. Per quanto riguarda i preamp, spesso scelgo tra il sound Neve (Shelford o 1073) e il sound API (512c o VP28).
Fino a un paio di anni fa cercavo di registrare la voce il più flat possibile e lavorarla in seguito. Adesso invece utilizzo quasi sempre un eq e un compressore in fase di tracking, in particolare il TubeTech CL1B, che mi consente di comprimere parecchio e di portare la voce in faccia pur mantenendo un suono molto naturale, e arrivare così già più vicino al risultato finale.
LP Hai qualche microfono a cui sei più affezionato e perché?
CM A parte i due microfoni di cui parlavo per le voci, un microfono che ho sempre adorato è il nastro RNR1 di sE Electronics. Lo uso spessissimo su batterie, pianoforti, chitarre acustiche e tutte le volte che ho bisogno di un sound più caldo e morbido. Inoltre sulle chitarre acustiche uso moltissimo una coppia di M60 di Telefunken, che sono anche diventati i miei overhead preferiti.
LP Nel setup delle tastiere hai anche qualche synth analogico: come li registri e come li processi nella DAW?
CM Il Minimoog model D non avrebbe bisogno di un preamp, ma spesso mi diverto comunque a farlo passare per un pre valvolare come il TubeTech PM1A, giusto per scolpire un po’ il suono. Anche la Roland TR-808 spesso la registro a tracce separate attraverso dei preamp. Sono timbri che sono tornati abbastanza di moda e riconoscibili, quindi (se richiesto) cerco di renderli un po’ più particolari. Il fatto di aver ingressi MIDI su entrambi rende inoltre molto facile l’integrazione con la DAW, in quando mi consente di inviare sequenze MIDI che possono essere facilmente registrate senza bisogno di risuonarle.
Per quanto riguarda il trattamento durante il mix, dipende tutto dalla produzione e dal ruolo che hanno all’interno del brano. Però sempre più frequentemente mi portano brani da mixare con synth che non ho registrato qui e che molte volte sono software instrument, per cui una cosa che faccio spesso è farli ripassare attraverso dei preamp, come se li stessi registrando nuovamente, per fargli acquistare un po’ di vita.
LP Come ti approcci alla registrazione delle chitarre? Con quali microfoni e preamp?
CM Sulle chitarre elettriche, la scelta dell’ampli dipende dal brano e dal genere, ma comunque il Fender Twin Reverb del ‘76 che c’è in sala di ripresa raccoglie sempre molti consensi. Per i microfoni, fino a un po’ di tempo fa andavo abbastanza sul sicuro, con un SM57 e un MD421. Ora sto usando moltissimo anche il RNR1: trovo che l’utilizzo di un microfono a nastro di questo tipo ammorbidisca certe chitarre e le renda meno spigolose. Un “accessorio” per me ormai fondamentale per chitarre (e bassi) è la RNDI, una DI di Rupert Neve che tra l’altro è inclusa all’interno dello Shelford Channel.
Spesso come preamp scelgo quindi lo Shelford, che oltre alla D.I. include anche un bellissimo eq e un compressore super versatile, ma ho usato diverse volte anche gli API 512c. Un prodotto che sto usando sempre più spesso, soprattutto quando non c’è molto tempo e/o budget, è l’OX Amp Top Box di Universal Audio. Devo dire che la semplicità d’uso e la resa sonora di questo oggetto hanno lasciato a bocca aperta diversi chitarristi. Per quanto riguarda invece le chitarre acustiche, anche qui la scelta spesso ricade sugli M60 di Telefunken e sul RNR1, a seconda del timbro che si cerca e del ruolo della chitarra all’interno del brano.
LP La sala di registrazione è particolare per l’inclinazione del tetto, hai avuto problemi nel trattamento acustico?
CM Diciamo che la struttura preesistente del tetto, con molte travi e con la sua inclinazione, ha reso la progettazione e i lavori di trattamento acustico leggermente più lunghi, ma il risultato finale è stato comunque perfetto. Donato Masci nel suo progetto ha pensato a questi pannelli policilindrici in legno, che riflettono omogeneamente il suono in tutto l’ambiente e garantiscono un’acustica molto viva e naturale. A detta di molti musicisti, quando si suona nella sala di ripresa e si chiudono gli occhi, sembra di essere all’interno di una stanza ben più grande di 27 mq…
LP Utilizzi un SSL XL Desk, cosa puoi dirci circa il suo suono, le caratteristiche e gli eventuali limiti?
CM Non ho lavorato su molte console, ma devo dire che l’XL Desk ha una flessibilità pazzesca, soprattutto contando le sue dimensioni ridotte. In fase di tracking per me è fondamentale, il talkback e tutta la parte di control room non mi hanno mai fatto desiderare nulla di più. Il routing è semplicissimo (se arriva un mixing engineer che non lo conosce, dopo cinque minuti lo sa già usare) ma allo stesso tempo consente di creare parallele e percorsi complessi in pochi passaggi.
Poi adoro il sound del Bus Compressor e anche del Listen Mic, che uso spesso per registrare una room mono per la batteria. Volendo essere pignoli, l’unico limite che trovo è il fatto di non poter installare dei fader motorizzati, così da usarlo anche come DAW controller. Non che non fosse chiara fin dalla presentazione la natura 100% analogica dell’XL Desk, ma secondo me la possibilità di sceglierla come opzione in un secondo momento l’avrebbe reso un banco veramente completo.
LP Hai basato parte dell’outboard sulla serie Portico, cosa hanno dato in più al mix?
CM Il centro sonoro dello studio è sempre stata la somma analogica di Rupert Neve, prima con il 5060 Centerpiece e poi con il 5059 Satellite. Trovo che come somma sia bellissima e soprattutto estremamente flessibile, andando da un suono super pulito e dettagliato a un sound + saturo e vintage, a seconda di quanto si spingano i singoli canali e dell’utilizzo o meno della saturazione armonica introdotta dal Silk. Questo lo rende adatto praticamente ad ogni genere musicale, cosa per me fondamentale.
Oltre al 5059, e agli Shelford di cui ho parlato in precedenza, altri due prodotti della Rupert Neve Designs che utilizzo quotidianamente sono il Master Buss Processor e una coppia di 542 Tape Emulator, che (insieme al Curve Bender di Chandler) non si muovono mai dalla mia catena master. Il Master Buss Processor è un compressore estremamente versatile e con un paio di funzioni che mi consentono di controllare frequenze specifiche del Mid e del Side, cosa molto comoda sul master. I moduli 542 emulano invece il sound di un registratore a nastro, aggiungendo rotondità e quella leggera compressione tipica del tape.
LP Ci racconti un paio di trucchi che usi in mix?
CM Nulla di particolarmente strano o segreto. Diciamo che negli ultimi tempi è aumentato molto il numero di parallele che utilizzo nei mix. Se all’inizio le utilizzavo quasi solo per compressioni di batterie e voci, ora le uso su molti più strumenti e in modi molto diversi. Ad esempio, ultimamente uso molto spesso saturazioni parallele solo su determinati range di frequenze, in particolare su basso e voce, ma in generale su tutti gli strumenti che faticano ad uscire in mix e che con un eq occuperebbero troppo spazio o diventerebbero troppo harsh.
Sulla voce, oltre a compressione e saturazione, utilizzo spesso un canale di Autotune parallelo (se il genere lo richiede) e un’equalizzazione parallela, che tengo solo per le alte frequenze. In generale, l’utilizzo di trattamenti paralleli mi consente di raggiungere risultati più naturali, senza stravolgere i suoni di partenza. L’altra cosa che faccio spesso è utilizzare i preamplificatori in fase di mix. La prima volta ricordo di averlo fatto su un loop di batteria elettronica particolarmente “finto” e che in mix non usciva.
Ora quando mixo del materiale che non ho registrato io, prima di andare al sommatore passo sempre gli stems di batteria (soprattutto quelle elettroniche) e di voce per gli API 512c e per i CAPI VP28. Trovo che i loro trasformatori diano vita anche a registrazioni povere e poco interessanti, senza bisogno di doverle trattare con troppi plug-in.