Se c’è un suono classico di un equalizzatore, nel rock e nel pop, è quello del banco SSL 4000 serie E, prodotto dal 1979 al 1987, nelle versioni con schede di equalizzazione Brown 02 e Black 242. Essendo andata fuori produzione la channel strip XLogic E Signature Channel, oggi questo modulo è l’unica possibilità di portarsi a casa l’eq Brown. L’eq Black è attualmente integrato anche nell’XR625.
Abbiamo testato il modulo in un Mynx. Le connessioni posteriori hanno ingresso bilanciato, con selezione di livello di + 4 dBu o -10 dBV, e uscita bilanciata, entrambi su XLR. Il pannello frontale riproduce i controlli di una console serie E con eq Brown. L’attivazione dell’EQ avviene con il pulsante In, al centro, sopra il quale alloggia il pulsante BLK per attivare la modalità Black. I due filtri shelving, HF e LF, hanno un pulsante per trasformarli in semiparametrici con Q predeterminata. La modalità Black è presente anche sul modulo EQ XR625 dedicato all’eq della serie G.
La risposta in frequenza va da 20 Hz a 20 kHz +/- 0.5 dB con il punto a -6 dB posto a 100 kHz, l’headroom è di +26 dBu al punto di clipping (THD 1%) e il rumore è di -80 dBu a +4 dBu. L’interno della scheda mostra diversi trimmer, per la calibrazione del massimo di gain e del livello d’uscita indipendenti per l’eq Black e Brown, come spiegato sul manuale. Le differenze tra Black e Brown riguardano il gain e il Q, mentre le frequenze rimangono identiche. Abbiamo riassunto in una tabella i comportamenti dei controlli.
Caratteristica propria dell’equalizzatore E, in qualsiasi versione, è la larghezza di banda che rimane costante indipendentemente dalla frequenza e dal gain, a differenza dell’eq delle console serie G, dove aumentando il gain si riduce progressivamente la larghezza di banda, incrementando la selettività, e viceversa. La scheda fa ampio uso di operazionali TL032 e NE5534, con alimentazione a +/- 15 Volt, fornita dall’alimentatore switching del Mynx o dell’X-Rack.
In prova
Si torna a casa. Per chi ha lavorato su consolle SSL negli anni ’80, è immediatamente naturale muoversi sui controlli e arrivare al risultato. Per chi invece si avvicina solo ora a un EQ SSL l’esperienza è interessante e stimolante. A differenza degli eq inseriti nelle console serie G, qui bisogna avere un approccio differente per creare quegli spazi necessari a scolpire il suono. Le curve di risposta sono infatti regolari e ci si trova più spesso che mai a lavorare di cut e boost su frequenze molto vicine, così da creare un buco prima dell’esaltazione, o un picco minimo prima del taglio. Mentre il G ha un profilo più aperto e sottile, l’E è più pieno e corposo.
Bastano davvero pochi dB per fare la differenza in un mix. Abbiamo applicato la tecnica del cut e boost su frequenze vicine, ma con valori differenti di gain, negli esempi audio. Ciò che è interessante è il risultato che si ottiene. In altri equalizzatori meno performanti occorrono molti più dB di equalizzazione, in più e in meno, che potrebbero generare problemi di fase non indifferenti. Al controllo della fase, infatti, spingendo sull’eq di SSL si arriva frequentemente a una differenza di 90 gradi, che sono sufficienti a garantire mono-compatibilità e salvare l’eventuale ambiente che sia condiviso da tracce non equalizzate. È questa una tecnica che spiega il successo, per esempio, degli EQ in stile Pulteq e di altri eq da console che, guarda caso, hanno questo andamento di picco/avvallamento prima del filtro.
Tornando al modulo, manca la funzione CT Out, che era stata implementata sulla channel strip XLogic e su alcune console per fornire una legge del gain differente, e i filtri HPF e LPF. I dati tecnici sono leggermente peggiori rispetto al modulo hardware della serie XLogic. Sono considerazioni di cui tener conto se si desidera accedere a questo equalizzatore e non scendere a compromessi. Anche la differenza tra Brown e Black non è così elevata, a meno di interventi davvero pesanti, e il suono rimane quasi identico con alcuni accorgimenti. Abbiamo qualche volta esaurito l’headroom, senza eccessive regolazioni. È sempre buona norma entrare con un livello piuttosto basso.
In termini di suono, XR425 non è, per le nostre orecchie, una sorpresa. C’è il classico suono SSL: stagliato, definito, elettronico e ruvido se si eccede, ma non così preciso come su un G. Non è un equalizzatore trasparente o gentile, e richiede davvero pochi dB di gain per cambiare le sorti di una traccia o di un timbro. Il rischio maggiore è con la banda HF, perché si fa presto a esagerare e a produrre un suono vetroso se la fonte originale non è più che buona.
Ne beneficiano maggiormente gli stili musicali elettronici, dance e R’B, dove questo tipo di EQ può rendere il suono più irrigidito, in senso positivo, e tagliarlo meglio all’interno di un mix. Anche nel rock ci può essere spazio, soprattutto nelle chitarre distorte e nei bassi elettrici. Nulla vieta, naturalmente, di usarlo ovunque, tuttavia la sua caratteristica di essere un po’ spigoloso e con quel suono elettronico lo rende ideale e perfetto per molte produzioni elettroniche contemporanee.
Conclusioni
L’evoluzione di SSL passa anche per questo modulo di EQ che è un buon complemento per chi vuole inserire il suono di un eq SSL nel rack. Scegliere l’XR425 o l’XR625 (eq con migliore risposta in frequenza e filtri ripresi dalle console XL9000, G ed E) è una decisione con contorni sfumati. Personalmente preferiamo le curve di equalizzazione dell’XR625, più versatile avendo sia il G che l’E, ma non abbiamo alcun problema a lavorare con l’XR425.
SSL ha puntato probabilmente anche sull’effetto vintage ma per fortuna non ha aumentato il prezzo rispetto all’XR625. La decisione finale è quindi rimandata alla scelta personale di ognuno. A noi rimane la piacevole sensazione di aver già sentito quel suono in centinaia di produzioni. Cambiano gli stili e le applicazioni, ma c’è ancora spazio per un eq SSL anni ’80 nel proprio arsenale.
PRO
Il classico sound anni ‘80 EQ Black
Molto efficace
CONTRO
Mancano le modifiche CT Out
Articolo pubblicato nel dicembre 2009