Sign in / Join
0

DPA DDK 4000, mic kit per drums - La recensione

Rapporto qualità/prezzo8
Suono9
Costruzione10
Facilità d'uso10
9.3

DPA DDK 4000, kit microfoni

dpa ddk 4000 miking set recensione review test fabrizio barale rcf group audiofader

Ogni azienda del settore audio ha un suo obiettivo. Ovvero proporre al mercato, attraverso una propria filosofia lavorativa, una serie di prodotti con i quali raggiungere una serie di traguardi che la rendano possibilmente unica. O almeno diversa e quindi riconoscibile da tutte le altre. L’azienda di oggi ha sicuramente raggiunto questo tipo di traguardo! Quando si parla di DPA si parla infatti di un’azienda che, negli ultimi cinquant’anni, ha ridefinito il suono nel campo soprattutto del live con una serie molto ampia di microfoni miniaturizzati dalle caratteristiche sonore incredibilmente fedeli. Quando si vuole amplificare o riprodurre fedelmente un suono sul palco nascondendo i microfoni, DPA risulta, senza se e senza ma, la scelta migliore. Le sue applicazioni in ambito di ripresa live sono davvero tante, da quella orchestrale a quella lirica, dal cinema al foley etc etc …

Ma la mission dei ragazzi danesi non si è fermata certamente qui. E’ passato diverso tempo da quando i fondatori del marchio (si ricorda che essi sono due fuoriusciti da Brüel & Kjær la ditta che più di ogni altro ha definito lo standard dei microfoni da misura…ma non solo) immisero sul mercato il DPA 4006 uno dei microfoni da registrazione ancora oggi più apprezzato al mondo e in tutto questo tempo altri modelli hanno trovato spazio nel loro arsenale. Infatti, la recensione del prodotto che affronterò oggi è, per voce dello stesso marchio, un set di microfoni da batteria. Si, avete capito bene! E il suo nome è DDK 4000.

Cosa ci sarà dunque da aspettarsi? Beh, sicuramente vorrò verificare e gustare la rinomata precisione dei microfoni DPA, la loro pulizia sulle diverse caratteristiche del suono quali il transiente, la risposta dinamica e l’estensione in frequenza degli stessi.

Ma prima di arrivare a ciò analizziamo il contenuto all’interno della splendida valigetta che mi si para davanti agli occhi.

L’ HARDWARE

Appunto la valigetta. Già da questo primo dettaglio si capisce bene che la questione è piuttosto seria. Si tratta di una valigetta stile SKB (l’azienda che dal 1977 produce i case più belli al mondo) ovvero solida e compatta a giusta protezione del suo prezioso contenuto. Al suo interno gli alloggiamenti dei microfoni come degli accessori sono costruiti nel dettaglio e niente rischia di muoversi anche di fronte ad un forte impatto.

Già, ma cosa contiene nel dettaglio?

Sette (7) microfoni DPA che di seguito cito:

1 x 2012 microfono cardioide

2 x 2015 microfono cardioide largo (coppia stereo)

1 x 4055 microfono per grancassa

3 x 4099 microfono per strumenti, extreme SPL

Oltre a questo vi sono diversi accessori come 3 cavi MicroDot, 3 Clip microfoniche per batteria e 3 adattatori da MicroDot a XLR a 3 pin, tutti utili per connettere i tre 4099 di cui presto parlerò.

Caratteristica comune a tutti i microfoni del kit è il fatto che siano microfoni a condensatore. Non scontata la scelta della ditta danese che sicuramente allarga i confini della risposta in frequenza degli elementi della batteria mettendo però a rischio l’eventuale pressione sulla capsula degli stessi. Vedremo.

Il microfono per la cassa, il 4055, è un microfono a diaframma largo, non generoso nelle dimensioni come nel peso e quindi facilmente applicabile sullo strumento. La risposta in frequenza ha un boost di 6 db attorno ai 10 kHz per dare aria e maggior attacco allo strumento. La pressione sopportata dalla capsula dichiarata è di 164 dB SPL. Direi davvero inaspettata. Il diagramma polare è a cardioide aperto.

Il 2012 è un microfono a condensatore destinato in questo caso al rullante. Il diagramma polare cardioide garantisce una buona separazione dagli elementi circostanti (leggasi ad esempio l’hi-hat). La risposta in frequenza dichiarata è piuttosto lineare su tutto lo spettro (ovviamente cambia leggermente all’allontanarsi dalla fonte di suono). La pressione sopportata, anche in questo caso, è notevole: 153 dB SPL.

I due 2015 sono invece pensati come i due microfoni per gli overheads. Anch’essi sopportano un elevata pressione sonora (150 dB SPL) con una bassissima distorsione armonica. La risposta in frequenza è lineare su tutto lo spettro e il diagramma polare è a cardioide largo garantendo anche la possibilità di ottime riprese stereo.

Infine i tre microfoni 4099 a collo d’anatra pieghevole. Sono microfoni pensati per i fusti della batteria (i tom o i timpani) dalle dimensioni estremamente ridotte. Si applicano direttamente sui cerchi dei fusti (sulla parte metallica per intenderci) con delle clip dedicate. La miniaturizzazione della capsula ne permette una facile collocazione in tempi davvero ridotti. Anche in questo caso la pressione sopportata è notevole con una distorsione davvero minimizzata. La risposta in frequenza è lineare con un piccolo boost attorno ai 10/12 kHz sempre per garantire un po’ di aria attorno allo strumento da riprendere. Il loro connettore è di tipo MicroDot con il suo riduttore per il più utilizzato formato XLR. Il diagramma polare è di tipo super cardioide così da garantire un’ottima separazione degli elementi ed una collocazione nello spazio accurata e precisa.

Dopo aver enunciato le caratteristiche puramente tecniche veniamo ora al bello della questione. Fosse una macchina diremmo alla prova su strada. In questo caso la prova verrà fatta durante una registrazione presso il Conservatorio di Cuneo di una batteria suonata dal sempre valido e solido Gabriele Sbarra. Let’s move on.

dpa ddk 4000 miking set recensione review test fabrizio barale rcf group audiofader

IN PROVA

Il set up è classico. Batteria standard con due tom ed un timpano. Solito doppio crash e un ride. Per questioni di coerenza decido di utilizzare soltanto i microfoni che ho per la prova senza quindi mettere un microfono per la cordiera del rullante o qualche rinforzo sulla cassa o altre piccole/grandi diavolerie che spesso mi piace portarmi in registrazione. I microfoni che quindi utilizzo sono quindi sette e sono tutti DPA!

Il posizionamento avviene in pochissimo tempo anche grazie alle clip sui tom. Per chi come me è abituato ad utilizzare dei Sennheiser 421 sa bene il tempo che ci vuole fra il posizionamento del microfono sulla pelle senza che interferisca con le bacchette del batterista e, soprattutto, con il posizionamento delle aste. Ogni volta un’opera di ingegneria ad incastro! In questo caso invece il tempo speso è davvero breve!

Oltre ai tom utilizzo un microfono per la parte top del rullante, uno per la cassa (in questo caso appena dentro il buco) e due over-heads tenuti leggermente più alti ed equidistanti dal rullante per generare un effetto room misto ad una presa di piatti.

Fatto il line check e verificato che tutto arrivi, faccio come sempre suonare il batterista chiedendogli di non dar fuoco alle pelli con rullate e sincopi in 32esimi ma piuttosto di tenere un tempo semplice alternando qualche passaggio sui tom ed i piatti. In regia il volume delle casse è a zero e l’unica cosa che faccio è monitorare il livello di input delle tracce cercando un balance a livello visivo (o se volete elettrico). La prima preoccupazione è quella di verificare i livelli di arrivo del segnale e capire se avrò bisogno di paddare gli ingressi del mio convertitore (una Sinergy della Antelope) soprattutto su cassa e rullante. Gabriele è un batterista moderno, da solidi studi in ambito pop, con un suono molto bello e profondo. La sua dinamica sulle pelli è però piuttosto forte ed in effetti porta i livelli di ingresso al limite. Praticamente non ho bisogno di guadagnare niente se non qualche dB sugli over della batteria. Decido quindi di non paddare niente e di andare avanti. Una volta raggiunto il mio target (sempre visivo) faccio la spazializzazione con i pan-pot dopodiché apro, tutti insieme, i sette canali.

E..

E il suono che mi arriva è fatto. Pronto. Cioè, ciò che accade è di avere immediatamente una risposta precisa su tutto lo spettro. Tutto sta dove deve stare. Non manca nulla. I suoni sono naturali, estremamente dettagliati, i transienti vengono fuori precisi, definiti ma non invadenti. Le alte sono assolutamente gradevoli (anche se forse un po’ troppo per una fase di registrazione), la cassa è solida ma con il giusto attacco. La sensazione è quella di aver finito il proprio lavoro e che si possa passare ad altro. Tutto in soli dieci minuti di lavoro. Ma è davvero così?

Si, lo è. Provo qualche piccola variante, qualche lieve spostamento … ad esempio avvicino il microfono della cassa verso la pelle per arrivare ad aver più attacco del pedale sulla pelle e questo avviene molto velocemente senza comunque perdere le basse della stessa. Provo a cambiare l’accordatura dei tom abbassandola leggermente ed anche in questo caso i microfoni seguono l’andamento del suono senza perdere la profondità. Davvero sorprendente. Ed anche mettendo il Solo, ad esempio, il canale del rullante si sente come tutto risulti essere controllato. La capsula risponde molto bene alla pressione, non si avvertono squadrature strane. L’attacco sembra manipolato da un transient designer (abituati ai dinamici questo è l’effetto che si ha) ma, ovviamente così non è.

E quindi?

Quindi si registra senza indugio! O si apre il PA in una situazione live.

Per completare il test, qualche giorno dopo, ritorno alla registrazione fatta con Gabriele decidendo di fare un po’ di mix. E quindi aggiungo un po’ di compressione leggera (più una sorta di limiting per amalgamare meglio gli elementi), un po’ di low end sulla cassa per avere più profondità ma, di fatto, non tocco quasi nulla. Perché tutto suona già e il suono catturato è già definito per quella che è la caratteristica di timbro dei microfoni. Forse, in ambito pop (ovvero quel genere di musica che raggruppa tantissimi sotto-generi), il fatto di avere un suono già così finito risulta essere addirittura una limitazione. Mi spiego. Sappiamo che il suono di uno strumento come la batteria è super definente per la strada di suono generale che una canzone assumerà nel suo sviluppo e che, negli ultimi anni, se ne sono sentite di ogni genere (nel bene e nel male). In tal senso, il pacchetto DPA, potrebbe avere delle controindicazioni ovvero di limitare la creatività nel tentativo di scolpire un suono diverso in fase di registrazione proprio per la sua trasparenza e pulizia. Per i più temerari (e io in parte appartengo a questa categoria) la continua ricerca del microfono sbagliato che però suona bene è una sfida quasi quotidiana ma, per tutti quelli che nella natura del suono ricercano la loro strada allora il pacchetto DPA è assolutamente fantastico. Oltre a questo si consideri sempre il fatto di avere, in una valigetta, sette microfoni a condensatore con la qualità DPA che possono essere tranquillamente utilizzati su altre sorgenti.

I 2015 (wide cardioid) per le riprese stereo (orchestre, cori, pianoforti), il 2012 (cardioid) per i cabinet da chitarra, i tre 4099 per i fiati o le chitarre acustiche, il 4055 su una cassa da basso.

Il concetto di grande qualità costruttiva dei microfoni, che sopportano pressioni sonore ampie, con una risposta in frequenza piuttosto lineare trova applicazione su tanti (se non quasi tutti) gli strumenti che si possono avere da registrare in uno studio. E questo è davvero il caso!

dpa ddk 4000 miking set recensione review test fabrizio barale rcf group audiofader

CONCLUSIONI

Le conclusioni, lo avrete capito, appaiono scontate. La qualità è fuori discussione e il test pratico ne è la conferma in tutti i suoi aspetti. Il set up è velocissimo ed il suono è compatto, preciso, esteso fin da subito. Non si sente la necessità di fare nulla. E questo, per certi versi, è il suo vero unico difetto oltre che un grandissimo pregio. Il kit DDK 4000 suona benissimo ma in un’eventuale ricerca di suono inusuale risulterebbe per assurdo limitante. Mentre per tutto quello che è ripresa di suono naturale, concreta e reale penso di essermi imbattuto in qualcosa di difficilmente replicabile da altri kit proprietari.

Il prezzo della valigetta non è evidentemente per tutte le tasche. La qualità, miei cari, si paga. E questa regola si potrebbe estendere ad ogni ambito professionale. La valigetta esce sul mercato al prezzo di 3900 euro iva esclusa. E’ ovviamente un kit che si rivolge a un pubblico di professionisti che vogliono fare, dell’arte della ripresa, un loro vanto qualitativo quotidiano. E poi si sa … se trattati bene garantiranno per una vita intera un suono davvero superlativo a chiunque li userà ed anche questo, quando si fanno certi investimenti, va considerato.

DPA raggiunge quindi ancora una volta il suo obiettivo rafforzando la sua filosofia: garantire il miglior suono fedele possibile a tutti noi.

Ben fatto!

 

PRO

  • Suono
  • Set Up Live
  • Solidità del progetto
  • Qualità estesa

 

RCF Group

DPA MICROPHONES

Leggi i nostri articoli sui prodotti DPA Microphones: