Dal caffè all’SSL, passando da anni di formazione e studiando ogni particolare del banco inglese per spremere ogni distorsione armonica possibile. E poi ad Acustica Audio e il suo plug-in Sand, costruito partendo dal banco nel suo studio.
La sede di lavoro di Salvatore Addeo è in provincia di Lecco, nei suoi Aemme Recording Studios, che vede nel banco SSL G+ 4000 e nell’outboard analogico il perno centrale del suo sound. Ovviamente Salvatore utilizza un sistema ibrido, con registrazione su Avid Pro Tools, Motu Digital Performer e Apple Logic 9. Ciò che contraddistingue Salvatore da molti altri fonici è il suo amore sviscerato per la console SSL, di cui è probabilmente uno dei migliori utilizzatori. Da qui anche la scelta di Acustica Audio di collaborare con lui per la realizzazione del plug-in Sand, una channel strip completamente modellata sul suono del suo banco, routing inclusi.
Audiofader: Qual è stata la tua formazione?
Salvatore Addeo: ho avuto il piacere di apprendere questo lavoro un po’ alla vecchia maniera, guardando lavorare gli altri, portando tanti caffè e facendo tante fotocopie. Inizialmente, negli anni ’90 ho fatto l’assistente (garzone) in un po’ di studi, successivamente ho iniziato a lavorare come freelance e da quel momento in poi la mia formazione è continuata frequentando tantissimi tra corsi e workshop e, quando era possibile, guardando lavorare sound engineer di spessore che stimavo e di cui mi piacevano molto i lavori e, cosa molto importante, registrando e mixando tanto. Non c’è migliore formazione della pratica!
AF: quando hai capito che poteva essere un lavoro a tempo pieno?
SA: Dieci anni fa ho aperto il mio studio. Dopo qualche mese dall’apertura la mole di lavoro mi impegnava per più di otto ore al giorno e quindi ho capito che poteva diventare un lavoro full time e mi ci sono buttato a pieno anima e corpo.
AF: come è nato lo studio e come si è evoluto?
SA: lo studio è nato dalla mia esigenza di avere un luogo dove poter elaborare e sviluppare il mio suono, la mia personale impronta artistica. Mi sono sempre visto come un artigiano nella sua bottega che fa un prodotto con una forte personalità e quindi riconoscibile, per questo motivo il lavoro di freelance mi andava stretto e non era proprio la dimensione più affine a me, quindi da qui è nato lo Studio Aemme (la mia bottega!). All’inizio lo studio aveva pochissime pretese e c’erano solo una sala di ripresa, qualche pre, i microfoni necessari, insomma lo stretto indispensabile, e tutta la fase di mixing avveniva in digitale ITB e su una console Sony DMX-R100. In seguito ringraziando Dio, il lavoro ha iniziato a girare bene e pian piano lo studio è cresciuto sempre di più fino ad avere le sembianze odierne da studio di alto profilo equipaggiato di console SSL 4000 G+ e dei migliori outboard e microfoni sul mercato. Le sale di ripresa sono diventate due e anche gli ambienti sono stati trattati idoneamente sia per la ripresa che per il missaggio. Lo Studio Aemme è nato nel febbraio 2007 e da novembre 2016 è diventato un Top Studio ampliandosi con una nuova grande struttura totalmente indipendente su un'area di oltre 1000 mq (comprese le parti esterne) che ospita una grande Sala di Regia di 50 mq; una Sala Mastering di 30 mq; tre sale di registrazione, con tre riverberazioni differenti (una dedicata alla voce, una dedicata alla chitarra e ad altri strumenti, una stone room (totalmente in pietra) dedicata alla registrazione della batteria e di strumenti percussivi). Tutto è stato studiato in ogni minimo dettaglio per avere un'acustica super professionale e un ambiante unico nel suo genere.
AF: hai scelto un banco SSL, per quali ragioni?
SA: Amo il banco SSL per il colore e la pasta sonora che dona ai mix. Quando ho iniziato a lavorare sul mio stile avevo nella testa un suono che stavo perseguendo da tempo e ho comprato outboard, riverberi e mollto altro, ma mi mancava sempre quel qualcosa per arrivare al suono che avevo in testa; dopo tante prove e ricerche quel qualcosa si è dimostrato essere proprio un banco SSL 4000 G+. Altro motivo di questa scelta è la possibilità di effettuare le automazioni a mano e questo per me è molto importante, mi dà modo di avere un rapporto con la musica e con il mix più reale e organico attraverso il contatto con i fader. La mia console ha gli Ultimation Fader motorizzati, il che mi permette anche un recall immediato e dettagliato della posizione dei fader.
AF: cosa lo rende così unico?
SA: il suo colore, la pasta e la tridimensionalità che dona al mix. Basta solo mettere i fader a zero, distribuire il mix su questi senza far alcun processo e il banco si fa già sentire in modo importante, lo definirei un sommatore con caratteristiche uniche.
AF: perché SSL e non Neve o un’altra console?
SA: rispetto ai concorrenti, SSL lo sento molto più presente sia come colorazione sonora che come eq, specialmente nella sezione low/mid e mid.
AF: il tuo studio è orientato all’uso dell’outboard, lo trovi ancora superiore ai plug-in?
SA: sinceramente sì, nonostante negli ultimi cinque anni i plug-in abbiano fatto passi da gigante e si siano avvicinati molto alle caratteristiche dell’outboard che emulano. Per quanto mi riguarda, se voglio ottenere un certo colore, profondità all’interno dei mix, gli outboard e la console per me sono ancora indispensabili. Detto ciò non significa che non uso o demonizzo i processori virtuali, anzi li uso ma cerco di utilizzare solo quelli di altissima qualità per non compromettere il mix; mi piacciono molto i prodotti di Acustica Audio che uso molto spesso. Comunque se dovessi dare delle percentuali, all’interno del mio workflow gli outboard occupano ancora l’80%.
AF: di quale outboard non potresti fare a meno?
SA: della console SSL e dei miei due Manley Massive Passive inseriti sullo stereo bus.
AF: come risolvi i problemi di manutenzione?
SA: quando si ha una console SSL e tanto outboard di qualità non ci si può improvvisare manutentori, bisogna per forza affidarsi a dei professionisti. Per i piccoli interventi mi arrangio anche da solo, ma per questioni più importanti mi affido a Giovanni Blasi per la manutenzione del banco SSL e a Luca Scansani per la manutenzione di tutto l’outboard. Questi oltre ad essere amici sono due grandi professionisti del settore in Italia.
AF: come ti organizzi per il recall dei lavori con outboard in insert?
SA: con foto e appunti scritti; nel tempo ho creato dei fogli di lavoro personalizzati con Microsoft Excel, i quali semplificano molto tutta la parte degli appunti.
AF: qual è la tua catena preferita per la voce?
SA: ovviamente molto colorata, in insert ci sono in ordine: Retro Stalevel, Urei 1176 Silver face, Manley Massive Passive, Thermionic Culture The Phoenix. In parallelo c’è un Urei 1176 Rev F portato al limite e su un’ulteriore traccia parallela c’è un Dolby A 301. Puoi notare che in insert ho ben tre compressori, ognuno dei quali comprime pochissimo, al massimo uno o due dB.
AF: nella tua channel strip per la voce, come imposti i tempi di attacco e rilascio e quale ratio usi?
SA: l’Urei 1176 settato con attacco molto veloce, rilascio altrettanto veloce, ratio di 12:1 e riduzione del guadagno massimo 2 dB; il secondo compressore è un Retro Stalevel con attacco lento, rilascio medio (essendo un varimu non ha la ratio). Il The Phoenix non comprime ma satura solo leggermente in ingresso per arricchire di armoniche la voce e dare un ulteriore collante al tutto.
AF: hai molti 1176, come li distribuisci?
SA: siccome li ho scelti proprio perché mi piace tantissimo il loro timbro, li utilizzo tutti in parallelo, facendoli lavorare molto in modo da avere tanto colore che poi aggiungo a piccole dosi alle tracce clean.
AF: e il Dolby A 301?
SA: in parallelo su voci, chitarre elettriche e a volte batterie; in generale quando voglio dare un po’ di alte frequenze e aria a uno strumento. La distorsione che genera questo outboard sulle alte mi piace tantissimo.
AF: usi Pro Tools solo come registratore, il mix è quindi tutto OTB?
SA: diciamo di sì, ma comunque utilizzo anche plug-in, in percentuale 80% outboard e 20% plug-in.
AF: come usi le possibilità di routing sull’SSL?
SA: con il routing dell’SSL si possono fare veramente tantissime cose, è una console molto versatile, ma principalmente lo utilizzo per tutti i trattamenti in parallelo (lavoro tantissimo con compressioni parallele e i 32 bus della console mi tornano molto utili). In alcuni casi, grazie alla modalità float dei singoli canali, divido il mix in tre/quattro sub group. Utilizzo tanto il sidechain del compressore con la relativa possibilità di filtrare il segnale che pilota appunto il sidechain. Mi è davvero tanto utile la possibilità di spostare istantaneamente il compressore e il punto di insert prima e dopo l’equalizzatore (operazione che faccio praticamente sempre).
AF: cosa chiedono i tuoi clienti e quali servizi aggiuntivi offri?
SA: chiedono massima attenzione sul progetto, un prodotto di qualità e in particolar modo chiedono di essere ascoltati per riuscire a comunicare al meglio la loro idea sonora. Io ascolto attentamente tutti coloro che si rivolgono a me perché il mio obiettivo è la soddisfazione del cliente e quindi faccio del mio meglio per capire ed esaudire nel limite del possibile le sue richieste. I servizi aggiuntivi che offro sono molteplici; tra questi c’è il servizio di mastering e la didattica con dei corsi di mixing e workshop vari.
AF: dopo questi anni di lavoro, sei ottimista o pessimista sul futuro della musica in Italia?
SA: a dire il vero la mia sensazione è buona ed è migliorata nell’ultimo anno; ti dico che in controtendenza con tutte le lamentele che leggo in rete sulla scarsità di lavoro e sulla scarsa qualità della musica, a me personalmente il lavoro non manca, anzi è aumentato ed è anche aumentata la qualità della musica e dei contenuti. Ad esempio mi capita sempre più spesso di mixare dei brani prodotti e arrangiati in modo impeccabile da ragazzi molto giovani che fanno un utilizzo della musica e dell’elettronica molto moderno e interessante; mi capitano delle band indie rock di ragazzi di 20 anni con dei testi e della musica che fanno paura (in senso positivo chiaramente). Direi che la situazione sta proprio iniziando a cambiare in meglio. Ci sono tante realtà valide, ma sono ancora nascoste, speriamo che emergano in fretta.
AF: cosa significa lavorare con l’estero e quale approccio differente c’è rispetto ai lavori italiani?
SA: significa mettersi in gioco continuamente e questa per me è una cosa molto stimolante ed è anche il motivo principale per cui faccio questo lavoro. Ogni cultura e ogni paese fa musica e ha approcci totalmente differenti, quindi bisogna essere un po’ camaleontici per adattarsi alle esigenze e ai tempi dei diversi clienti che arrivano da zone differenti. Giusto per fare un esempio: gli anglosassoni in special modo gli americani, sembrano molto più pragmatici e veloci nel prendere decisioni e intendono il lavoro in maniera più settoriale, ovvero l’artista si affida e si fida molto più del tecnico a cui ha affidato il suo progetto, quindi non entra tanto nel merito di alcune scelte puramente tecniche, ciò che in Italia magari accade più spesso. Non vorrei generalizzare perché mi è capitato anche il contrario con alcuni clienti americani, quindi vale sempre il detto tutto il mondo è paese. A mio avviso la peculiarità che si deve avere se si vuole fare questo lavoro a livello internazionale e confrontarsi con altre culture è l’elasticità sotto tutti i punti di vista.