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Test: Lewitt LCT 450 e 550, la nobile eredità dei padri

Rapporto qualità/prezzo9
Costruzione9
Facilità d'uso7
8.3

Chi non conosce ancora Lewitt ha di che rammaricarsi, e deve correre al più presto ai ripari

Avevamo già recensito l’LCT 640 ed era stata una piacevole sorpresa. La famiglia si ingrandisce, e i più piccoli dimostrano la loro illustre discendenza seppur rivolgendosi ad una clientela più ampia. La rinuncia che si deve fare (sui diagrammi polari e su qualche particolare che, nella maggioranza dei casi, non fa la differenza) è ampiamente ricompensata dal rapporto prezzo/qualità senza eguali.

 

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Costruzione

Ogni microfono Lewitt si riconosce al tatto: una pregiatissima struttura metallica leggera e robusta protegge il consueto diaframma da un pollice, placcato in oro. L’eccezionale leggerezza della lamina è la caratteristica comune a tutti i microfoni del produttore sino-austriaco e ne determina l’estrema riconoscibilità in termini timbrici e di risposta in frequenza.

Le differenze tra il modello inferiore (450) e quello superiore (550) risiedono nelle differenti membrane e nella diversa elettronica di controllo.

Il 550 ha un pad a tre posizioni (0, 6 e 12 dB) e un passa alto (80Hz 12 dB/oct e 160 Hz 6dB/Oct). Il modello inferiore offre il solo pad a 20 dB e un passa alto ad 80 Hz (12 dB/oct).

La membrana del 450 è la stessa del modello 540: non si hanno notizie precise sul 550 che, viste le prestazioni, si configura come una reale via di mezzo tra il 450 e il top della gamma, il 640, con caratteristiche sonore che si avvicinano al nobile precursore.

I pulsanti sul corpo microfono (tutti noiseless), per mezzo della pressione prolungata del tasto Pad, consentono anche di inserire il sistema di riconoscimento automatico del clipping (Clip History) che, segnalando il sovraccarico della parte elettronica, suggerisce una diversa impostazione di attenuazione.

L’estrema cura nella costruzione della parte meccanica consente di avere disturbi di microfonia ridotti al minimo, mentre l’imperioso shockmount, fornito di serie, isola l’intero corpo dallo stativo. La figura polare è cardioide.

 

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In prova

Per chi ha già avuto modo di usare un Lewitt, gli LCT450/550 non riservano sorprese. Il suono è bilanciato e pastoso, senza la solita patina frizzante così comune ai microfoni di fabbricazione cinese. Anzi: le acute sono morbide e affascinanti ed estremamente sensibili a qualsiasi tipo di intervento in registrazione o in mix. Tutta la serie LCT non è particolarmente generosa sulle basse, ma questa apparente mancanza di struttura diventa un pregio, potendo dosare a volontà l’effetto prossimità che può essere interpretato come un vero e proprio equalizzatore fisico. Per quanto riguarda il 450, la resistenza alla pressione sonora è inferiore rispetto al top della gamma (LCT 640), ma si attesta su valori di tutto rispetto (158 dB A) con una gamma dinamica di 138 dB. Il 550 ha all’incirca lo stesso margine (155 dB A) ma ha una dinamica maggiore (140dB). Le differenze, in termini di usabilità, sono realmente ininfluenti: in realtà ci troviamo davanti a due membrane simili, che svelano diversità ben più sensibili sotto altri punti di vista.

La reale difformità tra i due modelli sta nella completezza delle zone basse, dove l’LCT 550 concede qualche dB in più, soprattutto sotto ai 200 Hz. Si tratta comunque di differenze minime, che devono essere rilevate con comparazioni A/B a parità di ambiente, sorgente e preamplificazione e che, dalla prospettiva dell’utilizzatore finale, potrebbero essere illeggibili.

Rimane il fatto che gli LCT450/550 non sono microfoni adatti a grandi prestazioni di forza, tipo la ripresa di un rullante o il ruggito di un amplificatore, mentre restano eccellenti per catturare le sfumature delle chitarre acustiche, delle voci e degli strumenti ad ancia tipo i sassofoni.

Una interessante caratteristica del modello 550 è che ogni microfono nasce matchato con qualsiasi altra unità dello stesso modello. Crearsi una coppia è dunque possibile, nel tempo, senza rinunciare alla coincidenza.

Nonostante la figura polare di entrambi sia cardioide, la struttura del corpo microfonico non è immune da una certa sensibilità posteriore, che la configurano come una via di mezzo tra supercardioide e subcardioide. Sotto questo aspetto il 550 ha un angolo di ripresa leggermente più stretto, permettendo un fuoco più preciso.

Tuttavia, fatta questa considerazione, c’è da sapere che il rigore dell’angolo di ripresa non è mai così estremo e di questa caratteristica si deve tener conto durante la collocazione del microfono davanti alla sorgente.

Il rumore prodotto dai Lewitt in generale, e dal 550 in particolare, è incredibilmente basso: se usati con un preamplificatore silenzioso, sono perfetti per la ripresa di segnali particolarmente flebili come una performance di musica classica in cui i pianissimo tendono sempre a svelare i limiti delle attrezzature di registrazione.

Il sistema di taratura dell’attenuazione è efficace, ma richiede tempo per l’analisi e potrebbe essere difficile da usare in situazioni in cui il tempo stesso scarseggia, ma è quasi essenziale quando il microfono si trova molto lontano dalla zona di lavoro, data la visibilità del rosso lampeggiante del rivelatore di clip.

L’unica caratteristica singolare, che peraltro è comune a tutti i modelli della serie LCT, è la costruzione a semicerchio dello shockmount, molto articolato e di grandi dimensioni che, abbracciando il microfono in modo quasi completo, rende poco agevole la gestione dei pulsanti. Questa sua costruzione così importante è però garanzia di estrema robustezza e longevità: sebbene da nuovo sia molto rigido (e dunque poco funzionale), probabilmente dopo un breve periodo d’uso le sospensioni tendono ad ammorbidirsi restituendo all’insieme la necessaria elasticità.

 

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Conclusioni

La meccanica è di prim’ordine, il diaframma è costruito in modo eccellente, il prezzo è sorprendente. Questo vale con le relative differenze di prestazioni tra il 450 e il 550: il secondo sembra uno step più in alto nella resa sonora, assai vicino al 640. Dato che anche il suo prezzo è circa a metà strada, sarebbe interessante valutare le reali differenze con il top della gamma che, in fase di test, risultò veramente impressionante. Sicuramente la differenza tra 450 e 550 è sottile, sebbene in alcune circostanze sia tangibile, soprattutto per quanto riguarda l’ampiezza di fuoco e la performance sulle basse.

Il suono dei Lewitt è perfetto per qualsiasi applicazione in cui sia necessaria delicatezza, duttilità, attenzione al particolare, dunque per la musica classica, il jazz, e per la registrazione di tutti gli strumenti acustici, compresa la voce.

Le differenze con i modelli superiori sono di poco conto (il 450 monta la stessa capsula del 540 e ho il sospetto che il 550 ne impieghi una assai simile al 640).

Non credo si possa chiedere molto di più e, considerando che molti concorrenti ormai si sono affidati a una produzione cinese di scarso pregio, il tentativo di abbassare i costi di produzione mantenendo la massima attenzione alla qualità timbrica e costruttiva è un fatto degno di nota, che consentirà a Lewitt di conquistare fette di mercato sempre più ampie.

 

Pro

Sonorità trasparente sulle alte frequenze

Regolazione automatica dell’attenuazione

Costruzione meccanica

Contro

Schockmount rigido

 

Distributore

FRENEXPORT

 

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