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Editoriale #9: evoluzione


Ci vogliono in media trent’anni, nel mondo dell’audio, perché una tecnologia riesca a diventare creativa e qualitativamente migliore (o diversa), superando in questo tempo la precedente. I registratori a nastro sono nati durante la fine della seconda guerra mondiale e sono arrivati al loro apice negli anni ’70, evolvendosi nei successivi vent’anni, quando si insinuò il digitale. Dal primo Compact Disc, negli anni ’80, sono dovuti passare quasi trent’anni per capire come gestire il suono digitale, evitarne i colli di bottiglia e migliorare la qualità durante le fasi di produzione musicale e audio. Il concetto di plug-in è nato a metà degli anni ’90 e siamo ancora in piena evoluzione, dopo aver visto nascere e proliferare schede DSP indipendenti, alcune finite nell’oblio perenne. Se seguiamo questa logica, sappiamo che ancora non abbiamo visto tutto nel mondo dei plug-in e che, probabilmente, i prossimi dieci anni potrebbero riservarci delle grandi novità in fatto di qualità emulativa e creatività. Se guardiamo al MIDI, nato anch’esso nei primi anni ’80, esso ha saputo spalmarsi anche sui primi cellulari, ha creato il mercato del karaoke negli anni ’90 con i Midifile, e si nasconde dietro ogni DAW. L’implementazione di nuovi formati per il MIDI, soprattutto in termini di risoluzione, appare però sempre più urgente, tanto che in questi anni è il protocollo MIDI che insegue i prodotti (pensiamo a Roli e ai suoi controller) invece che fornire uno standard per produrre nuovi prodotti. L’audio over IP è consolidato nel broadcast e in continua evoluzione, mentre in studio sta facendo capolino ma non è ancora del tutto apprezzato. L’analogico, inteso come outboard, rimane nel suo comodo mare: i prodotti del passato non hanno mai smesso di avere valore, quelli del presente si conquistano il mercato per genialità, per colore timbrico o per prezzo.

Non è difficile, seguendo questo semplice schema storico, capire che alcuni investimenti richiedono frequenti upgrade, mentre altri rimarranno intatti anche nel tempo. Se qualcuno intravede la guerra tra analogico e digitale non è molto distante. Lo possiamo scoprire, per esempio, dall’intervista di Paride Lanciani sul suo Oxygen Studio, che aggancia l’aspetto della fisicità dell’analogico anche a un modo di pensare e creare molto differente dal digitale. Chi proviene dell’analogico fatica di più a lavorare in digitale, ma chi nasce digitale ha dalla sua anche una visione differente dei flussi di lavoro e, in alcuni casi, è sufficientemente creativo da capire i limiti del digitale e sfruttarli come pregi. Anche questo è audio e musica. È evoluzione.

Luca Pilla

luca.pilla@audiofader.it

 

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