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Intervista a George Massenburg


George è un persona con le idee molto chiare. Qui vi offriamo la sintesi del suo pensiero raccolto durante il seminario che si è tenuto domenica 14 maggio 2006 al Recording Show di Milano, dove George ha spaziato dall’attuale situazione del mercato discografico ad aspetti più propriamente tecnici.

Il mercato discografico

George Massenburg: I formati ad alta risoluzione stanno morendo. Il Dual Disc non prosegue, è stato abbandonato, DVD-A e SACD sono fermi. Cerchiamo di capire oggi quali sono le cause del pessimo stato in cui si trova l’industria discografica. Una combinazione di tecnologia, politica e conduzione delle case discografiche ha distrutto il business. Parliamo di tecnologia: il numero di componenti di un circuito integrato cresce esponenzialmente ogni anno ma ultimamente sta crescendo anche più velocemente, il che comporta che fino a qualche anno fa si cambiava l’hardware di Pro Tools ogni due anni, adesso è necessario farlo ogni anno. L’anno prossimo la potenza sarà due volte maggiore di oggi, tra due anni sarà quattro volte più potente! Speculando sulla velocità di crescita della potenza, nel 2020 un computer da un migliaio di dollari avrà la stessa potenza di un cervello umano. La stessa crescita può essere applicata alle memorie di massa, alla velocità e alla banda di Internet, che permette uno streaming surround senza compressione. Stiamo arrivando a dei traguardi spaventosi anche nella medicina.

Il secondo elemento è la politica e il controllo: Ronald Regan fu l’ideatore della regolamentazione delle radio che ha portato a radio sempre più commerciali, basate sulla pubblicità, e con un controllo su tutta la programmazione musicale. Le radio hanno cominciato a peggiorare da allora, cadendo nelle mani delle label e dei colossi discografici.

Il terzo elemento sono le case discografiche. Perché si sono interrotte le vendite dei CD? Forse il file-sharing? No, non per causa dello scambio dei file. Quando è nato il CD le case discografiche si sono affrettate a convertire il catalogo in formato digitale, con un notevole incremento di disponibilità finanziaria per gli alti guadagni. Sono quindi partite le acquisizioni tra le case discografiche, per consolidare il risultato, finanziati anche dalle banche. Questi colossi si sono trovati da pagare negli anni ‘90 enormi interessi, e per sopravvivere hanno tagliato gli investimenti per nuovi artisti. Molte ricerche hanno dimostrato che il download illegale ha danneggiato il mercato discografico in minime quantità. Guardiamo a iTunes, che ha raggiunto il miliardo di canzoni scaricate. Non male!

Dobbiamo sviluppare un nuovo modello per la musica. Ho deciso di produrre io stesso i musicisti e anche la vendita non deve più passare dall’industria ma deve essere fatta dal musicista stesso. È dura, ma si può fare. La cosa più importante è che ci sono nuovi modelli di business che non devono più essere basati su cataloghi di centinai di migliaia di pezzi, come accade per gli attuali modelli di vendita ondine. Produrre e vendere i propri pezzi è più pratico e sicuro, perché le etichette discografiche continuano a “rubare” i soldi dei musicisti e degli artisti. Quanto guadagna un musicista dalla vendita di un suo single su iTunes? 33 centesimi vanno ad Apple, 64 alla label e così via. Al musicista rimane un centesimo! Dov’è il vantaggio della tecnologia? Consideriamo cosa accadeva 30 anni fa: i Pink Floyd o i Queen avevo investimenti elevati nella produzione e nella registrazione. Ancora oggi questi artisti, come molti altri, rimangono dei classici e continuano a vendere. È tempo di investire sulla musica, di pagare i musicisti e gli artisti. Di registrare al massimo della qualità che la tecnologia consente. Io guido un automobile economica, spendo tutto quello che posso sulla musica e per la musica.

La storia

George Massenburg: Ho iniziato a registrare a quattordici anni in una radio con i primi registratori a nastro della Ampex. Durante l’università cominciai a costruire il primo prototipo dell’equalizzatore parametrico e, quando lo presentai al mio professore, mi disse che era impossibile da fare. Il prototipo vide la luce nel 1968. Nel 1973 andai a vivere a Parigi, trovai moglie e mi fermai lì per tre anni. In quegli anni l’equalizzatore divenne popolare. Nel 1975 registrai gli Earth Wind & Fire e continuai a farlo negli anni successivi, per un totale di cento milioni di copie vendute degli EW&F. Non amavo però registrare le hit, era molto noioso dover registrare e fare sempre le stesse cose. Decisi quindi di registrare per artisti che amavo, e mi trasferii a Los Angeles dove portai a termine un centinaio di registrazioni. Mi divertii moltissimo. Nel 1988 mi sono trasferito a Nashville, dove la musica si mangia e si respira. Ho fatto circa 400 registrazioni e vinto quattro Grammy. Ora ho costruito il mio nuovo studio, il Blackbird.

Il nuovo studio di registrazione

Fig 4

George Massenburg: Blackbird fa parte di un complesso di studi, con un investimento totale di 17 milioni di dollari, grazie al proprietario John McBride. Il proprietario mi ha chiesto di realizzare qualcosa di veramente diverso da tutto quello che si conosce. Abbiamo costruito lo studio in modo che non ci siano riflessi significativi tra le pareti. Sono state impiegate 133.000 bacchette in MDF di lunghezza diversa, da zero fino a 36 pollici, mai allineate e sempre con lunghezze differenti da quelle adiacenti. Non ci sono finestre. Ho impiegato più di tre mesi per valutare il progetto. In un’ora è possibile spostare tutto il contenuto dello studio per usarlo come sala da ripresa. Le riflessioni sono pressoché assenti, tanto che è possibile urtare le pareti se ci si cammina ad occhi chiusi, proprio perché non si riescono a sentire le riflessioni. Questa assenza di riflessioni permette di ottenere un eccellente ambiente per lavori surround, dove è importante capire la localizzazione del suono. Il tutto facilita il mix in surround. C’è un altro vantaggio: per anni abbiamo mixato in ambienti controllati, in molti casi abbiamo imparato il suono della regia e ci siamo comportati di conseguenza, ma abbiamo impiegato molto tempo per arrivare a mixare tenendo conto del suono della stanza. Questo nuovo studio consente di entrare, mixare alla perfezione e uscire con un prodotto finito e sicuro. Un mix surround chiuso in poco tempo fa risparmiare soldi al cliente. Inoltre siamo convinti che il surround sia il formato audio del futuro: è accaduto per i DVD, succederà anche per la musica. Ci sono solo un paio di titoli che suonano bene in surround, la gente non conosce ancora la vera esperienza del surround. C’è una caratteristica di questo studio importante: il suono ambientale è di 40 dB più basso di quello diretto, come fosse una camera anecoica. Ma non suona come una camera anecoica. È da sentire, descriverne il suono è impossibile. È un nuovo modo di registrare musica. Registro tutto quanto in diretta, seguendo la filosofia delle registrazioni Motown, per me molto espressiva: tutti i musicisti suonano nello stesso ambiente e si sentono gli uni con gli altri, bilanciando il suono in modo che tutto quanto suoni bene già in registrazione. È un concetto meraviglioso: intere sezioni di ottoni, drum kit, pianoforti, bassi, tutto nella stessa stanza, con una acustica nuova.

In the box o Out the box?

George Massenburg: Creare il mix finale in digitale o in analogico? È il mio argomento preferito! Ho lavorato su moltissimo outboard analogico prima di passare al digitale. Non ho cominciato a produrre hardware per vendere il mio outboard ma per migliorare la qualità della registrazione. Il fatto di vendere apparecchiature è solo un caso. All’inizio ho cominciato a progettare e costruire outboard analogico per migliorare la registrazione. Con la tecnologia digitale ho cercato qualcosa di diverso dall’analogico, anche per capire cosa c’era di sbagliato con la tecnologia digitale e come farla suonare meglio. Per l’analogico ho voluto costruire i mie compressori e preamplificatori per evitare la distorsione che sentivo su altri prodotti. Nel 1983 uscirono i primi multitraccia digitali di Sony e nessuno era contento per come suonavano. I primi Sony avevano una risoluzione di 14 bit. Molti dei problemi dei digitale furono le legati a una bassa risoluzione dei convertitori e dei processori interni. Oggi abbiamo DSP molto più potenti, in grado di gestire il suono. Si può dimostrare che la somma su una console analogica all’uscita del bus stereo (OTB) è diversa da quella che si realizza digitalmente (ITB). La differenza è solo in artefatti e distorsioni, che può anche essere piacevole. Vi piace? Bene, usatale, divertitevi, amatela, io la odio! Il mix ITB non è necessariamente migliore ma è più controllabile. Quando avete una song che richiede trasparenza, dettaglio e qualità, il mix analogico non è una garanzia. Ai livelli di risoluzione odierni, il mix digitale suono veramente bene. Non ho la necessità di mixare in analogico, perché in questa fase ho sempre un’idea precisa di dove voglio arrivare. Tuttavia ci sono particolari da tenere presenti: gli equalizzatori digitali suonano bene, i compressori no, a causa del circuito di side-chain che non può essere ancora riprodotto adeguatamente in digitale, soprattutto nella fase di attacco. Stiamo lavorando da tre anni, ascoltando ogni filtro digitale, su un plug-in di compressore che suoni bene, probabilmente riusciremo a produrre un VST per TC Powercore nei prossimi mesi, per garantire la protezione del software.

L’outboard

George Massenburg: Utilizzo un sacco di compressori analogici hardware, perché posso fare quello che voglio con gli equalizzatori digitali o i plug-in, ma non per la compressione. Per ora continuo a usare anche i vecchi compressori come i 1176, i Fairchild, tutti i compressori britannici, i miei compressori. Molti plug-in per Pro Tools continuano a non suonare bene, ma ce ne sono un paio ben fatti, come i plug-in di Sony, a cui ho collaborato all’inizio dello sviluppo. Ho provato anche Q-Clone della Waves, ma lo trovo piuttosto complicato. In fase di mastering utilizzo anche i plug-in di TC Electronic. Al momento utilizzo i convertitori Lavrey ma li sostituirò molto presto con i nuovi Prism, che sto per comprare. Utilizzo molto anche il Plate del riverbero a convoluzione della Sony.

Parliamo di Digidesign Icon? Icon non è un cattivo prodotto. Accade però che quando si smette di lavorare con la parte destra del cervello (quella deputata alla creatività, NDR), come per esempio quando c’è qualcosa di sbagliato, e si comincia a ragionare con la sinistra, qualcosa andrà storto. È sempre necessario rimanere creativi al massimo. Ogni volta che si vuole controllare un canale, un parametro o un evento, si lavora con la parte sinistra del cervello, ed è sbagliato. L’errore con la tecnologia digitale sta nel lavorare razionalmente, lasciandosi prendere la mano dalla parte sinistra del cervello. Qualcuno pensa che Icon sia un grosso mouse, non è del tutto sbagliato. Tuttavia io credo che Icon sia un ottimo device ed è possibile mixare in modo creativo. Uno dei più importanti vantaggi di oggi è il recall dei parametri reale, cosa di cui non si aveva la certezza con le console analogiche. L’unico difetto è la possibilità di bug imprevisti nel software, ogni tanto accade. Oggi lavoro aprendo e chiudendo le sessioni, richiamandole successivamente per le modifiche, senza alcun problema. Incredibile! Inoltre con Icon è possibile gestire il recall degli Insert, che impieghiamo per i compressori, permettendo una migliore integrazione tra digitale e analogico. Per l’analogico ci affidiamo ancora alla fotografia del pannello per il recall! La gestione degli Insert ci permette di avere immediatamente una comparazione tra il processing digitale, eseguito con i plug-in, e quello analogico all’esterno. E la doppia conversione A/D non è un problema perché si incrementa la qualità del lavoro e la performance musicale grazie ai compressori analogici. Nei prossimi anni miglioreranno ulteriormente i plug-in, perciò ci sarà ancora più flessibilità con l’uso di Icon. Vi anticipo che stiamo lavorando su un compressore digitale con un circuito di side-chain in versione digitale. Il GML 8900 è già un computer analogico e stiamo cercando di realizzarne una versione con un side-chain digitale per lavorare con Pro Tools e con preset interni per facilitarne l’uso. Gli ascolti: per anni ho lavorato sui near-field, partendo per esempio da Genelec 1031, poi le 1032 e quindi le ATC, su consiglio di un amico che fa mastering. Attualmente impiego anche Genelec 8050 con il relativo subwoofer 7070. Le Genelec mi piacciono molto, ma non sono così loud come le ATC, per cui uso entrambi i sistemi.

Le ultime domande

Al termine del seminario abbiamo avuto il piacere di conversare con George su molti temi legati alla registrazione e alla musica, di alcuni di questi vi riportiamo il commento.

Luca Pilla: Una delle caratteristiche della tua produzione analogica, come i preamplificatori, è la spaziosità che aggiungono al suono, una tridimensionalità sconosciuta ad altri produttori. Qual è il segreto?

George Massenburg: Tutti i prodotti GML sono costruiti per migliorare la qualità della registrazione, perché continuiamo a testarli fino a quando non ci soddisfa il suono. Naturalmente parte di questa caratteristica deriva da un progetto esente da distorsioni analogiche e da una eccellente risposta. Non tutti amano il nostro suono, è naturale, perché alcuni preferiscono ancora avere un suono colorato dalle distorsioni. Inoltre non tutti i preamplificatore sono in grado di gestire l’elevato livello del segnale che si trova per esempio nelle basse frequenze.

LP: Attualmente siamo in pieno successo degli MP3, ha ancora senso fare grandi produzioni se poi molti ascolteranno i pezzi solo in MP3?

GM: Nessuno fa produzioni solo per MP3 e c’è un motivo. Da un’unica produzione è possibile estrarre l’MP3, ma anche il CD, il DVD-A o il SACD, o anche un DVD. Lavorare con l’unico obiettivo del mercato degli MP3 vuol dire non avere futuro circa la produzione. Ci saranno persone che ascolteranno l’MP3, quindi decideranno di acquistare un formato di qualità più elevata. Una produzione che si rispetti deve avere una vita lunghissima.

LP: Utilizzi molto outboard analogico nelle tue registrazioni e quindi lavori poi in digitale. Una filosofia che utilizzo spesso anch’io, che mi porta ad apprezzare il suono digitale, soprattutto grazie al lavoro dei Prism. È possibile che ci siano ancora persone che non amano il suono digitale per il fatto che in ripresa la catena analogica sia stata carente?

GM: Questo è un discorso interessante. Oggi abbiamo una risoluzione in bit sufficiente per garantire un ottimo risultato, che però dipende sempre dalla qualità della registrazione. Io lavoro con ottimi microfoni e preamplificatori, e applico l’equalizzatore analogico subito dopo il pre prima di registrare. Ogni take deve avere il suono che ho in mente, lasciando alla DAW il compito di pochi ritocchi. E sempre prima della registrazione impiego anche i compressori analogici, con alcuni dB di compressione che permettono, alla fine, di aumentare la risoluzione nel dominio digitale. Non è mai però una compressione drammatica, in questa fase.

LP: Parliamo di equalizzazione, che approccio hai durante la fase di registrazione e in quella di mix?

GM: Sono molto differenti. In registrazione non c’è il tempo per un tweaking chirurgico dell’equalizzazione e si ottengono diversi deep, molto stretti. In registrazione quello che conta è il bilanciamento tra i suoni ma se noto che il suono necessita di troppe correzioni con l’equalizzatore, mi fermo e cambio microfoni. Se voglio una chitarra con più bassi e più loud, scelgo di aggiungere un Royer a nastro, se voglio più punch e drive metterò più SM-57. Il suono di chitarra che preferisco è fatto con un Royer e un SM-57, ed è equalizzazione anche questa. Inoltre molte chitarre hanno dei picchi di risonanza, e se non sto attento rischio di bruciare la traccia e non ci sarà molto da fare. L’equalizzatore mi serve per controllare questi picchi.

LP: In fase di mix utilizzi l’analisi spettrale della traccia o fai tutto a orecchio?

GM: Lascio lavorare il mio orecchio. Uso un equalizzatore parametrico ed eseguo uno sweep così da capire quali sono le frequenze da correggere, con una presenza eccessiva. Se lo sweep è negativo (in attenuazione, NDR), puoi capire perfettamente come raggiungere il bilanciamento, continuando ad andare avanti e indietro per le frequenze, decidendo di aprire o chiudere la Q, confrontando sempre il risultato con l’originale. Tutto in tempo reale, solo ad orecchio e senza la necessità di visualizzare l’analisi della traccia. Soprattutto lavoro con i filtri. Non esistono strumenti che coprano interamente la gamma di frequenze udibili, quindi taglio con i filtri la regione di frequenze che non è contenuta nello strumento, eliminando rumore inutile.

LP: Quando registri una chitarra o una voce, sai fin dall’inizio quale sarà il miglior accoppiamento tra microfono e preamplificatore, o fai delle prove?

GM: Faccio sempre dei test all’inizio per scegliere, insieme al musicista, il suono migliore, provando anche diverse posizioni.

LP: Se dovessi dare il primo consiglio per costruire un project studio, quale sarebbe?

GM: L’acustica della stanza prima di tutto. Lo studio ruota attorno all’ascolto, e l’ascolto è legato all’acustica. Il primo passo da fare è migliorare la risposta acustica dello studio.

LP: Qual è un altro elemento importante da tenere in considerazione?

GM: Sicuramente il sistema di monitoraggio, avere degli ascolti affidabili è fondamentale. Dopo l’acustica viene la scelta dei monitor.

LP: Utilizzi di più i near-field o un sistema di grandi proporzioni per il mix?

GM: Lavoro su monitor di grandi proporzioni, come l’ATC 50, ma il lavoro di mix avviene in parti uguali anche sui near-field, perché il mio è soprattutto un lavoro di equalizzazione. Parto sempre dalla voce e quindi aggiungo gli altri strumenti. In questo modo, con due sistemi di monitor differenti, è possibile avere impressioni molto differenti negli ascolti con i due sistemi.

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