Molti hanno provato a clonare il mitico Fairchild 670, ma quando Heritage, nota per le migliori repliche dei classici moduli Neve ’80, ha annunciato la sua versione clonata del 670, tutti hanno raddrizzato le orecchie e l'interesse è salito alle stelle. Finalmente c'è una vera alternativa al 670?
Nelle serate di agosto, quando lo studio è vuoto e c’è silenzio, lo abbiamo messo alla prova scoprendone tutti i segreti.
L’originale Fairchild 670
Sebbene esistano numerosi plug-in, più o meno buoni, avere il suono del 670 sotto le manopole è un altro paio di maniche! L’originale Fairchild 670 nasce dall’intuizione di Rein Narma che fu prima sound engineer e progettista per Gotham Recording Corporation a New York. Nel 1955 fonda la sua Rein Narma Audio Development Company per progettare e costruire console e limiter automatici. Siamo nel tempo del broadcast, quando le trasmissioni radio e televisive rappresentano una sfida per gli ingegneri del suono. Rein Narma inventò il primo limiter automatico e vendette la licenza a Fairchild Recording Equipment che produsse il mitico 670, venduto nel 1959 a 400 dollari. Il 670 era nato non per ragioni di registrazione ma per il broadcast e per il mastering su vinile. Nel broadcast, il 670 era usato come limiter con tempi veramente ridotti per l’epoca (minimo 0,2 millisecondi). In mastering era l’unico limiter al mondo che consentisse di sdoppiarsi per controllare l’intensità e la compressione del segnale Side, chiamato originariamente Lateral Vertical Component, che corrispondeva all’ampiezza verticale del segnale stereo sul vinile. Stiamo parlando del 1959, e non degli anni 2000 quando tornò in auge la tecnica del Mid Side! La caretteristica di poter gestire un segnale stereo o, separatamente, il Mid e il Side, erano molto apprezzate all'epoca per risparmiare spazio sul vinile. Divenne in quegli anni un must, sorpassando agevolmente anche i processori Gates. Non c'erano grandi alternative all'epoca e l'outboard analogico era studiato per risolvere i problemi di broadcast.
Ci volle poco, in qualche studio di registrazione, per capire che il 670 o la versione mono 660 potevano essere usati con profitto in fase di registrazione e mix. Gli Abbey Road acquistarono diversi 660 che finirono dritti dritti in tutte le registrazioni dei Beatles a partire dalla sessione di A Hard Day's Night in poi. Non esisterebbero le voci dei Beatles senza i 660, grazie anche alla loro caratteristica di attenuare molto bene le sibilanti. Essendo nato per installazioni fisse, e non per il mixing, il controllo di DC Threshold, che corrisponde a scegliere la curva di compressione tra limiter e soft knee, era realizzato come potenziometro a vite, cioè ci voleva un cacciavite per modificarlo! Nel broadcast, una volta trovata la giusta impostazione non si tocca più nulla. Sul 670/660 si passava con continuità da un peak limiter a un compressore con pendenze da quasi 1:1 con soglia sotto i 5 dB a 20:1 con soglia sotto i 10 dB. Offriva quattro tempi di rilascio e due combinazioni con rilasci dipendenti dal programma fino a 25 secondi di rilascio. Il circuito di compressione utilizza un classico schema feedback con tempi di attacco veloci (da 0,2 ms a 0,8 ms) e di rilascio piuttosto lenti, sempre sopra i 300 millisecondi, per cui non è mai stato processore violento come l'1176, anche per i limiti dell'epoca.
Costruito con 11 trasformatori e 20 valvole, il 670 era un bestione da 6 unità rack da 30 kg e scaldava parecchio! In pratica un generatore di armoniche, saturazione e calore, sebbene il manuale originale insistesse sulla sua trasparenza e assenza di distorsione! Ogni canale, indipendente, aveva uno stadio di amplificazione push pull singolo ad alto voltaggio per evitare i rumori parassiti, a sua volta suddiviso in amplificatore per la funzione Automatic Gain Amplifier (il controllo della dinamica) e un secondo per il segnale DC che lo controlla. L’impedenza d’uscita e di ingresso era a 600 Ω, standard dell’epoca, con una risposta in frequenza da 40 a 15.000 Hz +/-1 dB, un livello di rumore sotto i 70 dBm, tempi di attacco di 0,2 ms nelle posizioni 1, 2 e 6, e di 0,4 ms nelle posizioni 3, 4 e 5. Le posizioni 3 e 4 hanno tempi di rilascio di 2 e 5 secondi, mentre le posizioni 5 e 6 hanno rispettivamente 2 secondi e 0,3 secondi per picco e 10 e 25 secondi per picchi multipli.
Il segnale audio entra nel trasformatore, viene amplificato con i circuiti, esterni al segnale audio, che controllano l'amplificazione per le funzioni dinamiche, e quindi inviato al trasformatore esterno. Ogni canale usava quattro valvole 6386, oggi rintracciabili a prezzi alti, che venivano letteralmente consumate, velocemente, dal fatto che erano pilotate con un alto voltaggio.
Gli schemi sono da sempre disponibili su Internet: oltre alle valvole 6386, erano impiegate anche valvole 12AX7, 12BH7A e 6973 con trasformatori in ingresso e uscita. L’alimentatore era a sua volta valvolare.
Tra i più recenti progetti ispirati al 670 c'è senza dubbio Undertone Audio UnFairchild 670M II, giunto alla seconda versione, che però non è del tutto simile all’originale: i trasformatori sono Cinemag, il circuito di sidechain è stato notevolmente semplificato, e il produttore ha mantenuto le valvole originali 6386 (non proprio economiche e oggi rimesse in produzione da JJ) pilotate con un voltaggio più basso per non consumarle troppo presto.
UnderTone Audio ha introdotto delle modifiche molto utili, come il controllo indipendente dei tempi di attacco e rilascio che lo rendono utile anche bus compresso, filtro HPF sul sidechain, opzione di feed-forward per la compressione, un bypass hardware, connessioni insert per sidechain, e il metering output. Tra gli altri produttori che si sono ispirati al 670 troviamo ADL, Analoguetune e Pom Audio Design.
Sua maestà Herchild
E' alto sei unità rack e pesa 13,3 kg, quasi la metà dell'originale. Ha due canali con controlli indipendenti che sono esattamente identici all'originale comprese le serigrafie rosse. Si comincia con il VU Meter che visualizza la riduzione del gain, ma che può essere cambiato per configurare lo zero VU o il balance, realizzati da due potenziometri a vite, richiamati dal selettore dedicato. Nessuna possibilità di visualizzare il livello del segnale in ingresso o in uscita. I due grandi controlli Input Gain e AC Treshold, a scatti, gestiscono il livello d’ingresso e la soglia, con un buon livello di recall. Con AC Threshold a zero siamo al massimo della compressione, a 10 invece è esclusa la compressione.
Rispetto all’originale, su Herchild troviamo il potenziometro a scatti DC Threshold, che sostituisce quello a vite dell’originale, per impostare la curva di compressione: tutto a sinistra si comporta come un peak limiter con curva hard knee, tutto a destra è una curva di compressione soft knee con una ratio molto bassa, quasi vicino a 1:1 e con una soglia di attivazione decisamente più bassa del peak limiter. All’estrema destra lo switch SC Filter attiva un filtro HPF sul sidechain, non presente sull’originale, con frequenze di 50, 100, 200 e 300 Hz. Chiude la scelta delle costanti di tempo, con il selettore Time Costant, che riprendono quanto già realizzato sull’originale con tempi di attacco di 0,2 ms o 0,4 ms e tempi di rilascio di 0,2, 04, 2 e 6 secondi. Le ultime due posizioni 5 e 6 combinano peak limiter e compressore con tempi di rilascio, rispettivamente, di 2 secondi per picco e 10 secondi per picchi multipli, e 0,3 secondi per singolo piccol0, 10 secondi per picchi multipli e fino a 25 secondi se il segnale rimane costantemente alto.
Tra i due canali c’è un ulteriore selettore per la modalità di lavoro: Lat Vert Link collega i due canali in modalità Mid Side, dove il segnale più alto guida l’altro canale, indipendentemente dalla scelta di input gain, AC e DC Threshold, Lat Vert attiva la modalità Mid Side ma con i controlli scollegati tra le due parti, Link aggancia i due canali in stereo e Ind rende indipendenti i due canali. Le connessioni posteriori prevedono semplicemente i due ingressi e uscite su XLR, oltre al pozzetto per il cavo di alimentazione.
Hardware
Tutte le domande su Herchild riguardano il progetto hardware. Heritage Audio basa il suo lavoro sulle valvole 6B6A impiegate per sostituire le più rare 6386 ma che richiedono una riprogettazione accurata. Ciò che impressione è il pannello posteriore, che le accoglie: 16 valvole 6B6A per replicare le otto 6386 originali, perché di fatto per una 6386 ci vogliono due valvole 6B6A per avere i due triodi di una 6386. Heritage ci tiene a sottolineare di aver in magazzino migliaia di valvole 6B6A di costruzione militare per salvaguardare l’investimento nel futuro.
Le altre valvole entrano in gioco per il circuito di sidechain, simile all’originale, a differenza di UnFairchild che ha semplificato questo circuito. Anche qui Heritage ha dovuto sostituire alcune valvole: l’originale 12BH7 per il driver è stata sostituita da una 12AT7, la 6973 del circuito push pull è diventata una ECC99. Si arriva così ad avere 22 valvole e un termosifone nel rack. E’ l’outboard vavolare più caldo che abbiamo mai avuto in studio! Ci sentiamo di tirare però le orecchie a Heritage: valvole e trasformatori non sono protetti da una griglia. Inoltre basta una piccola spinta sul pannello anteriore per sbilanciare Herchild, quando non è inserito in rack. a causa del peso dei trasformatori. In realtà non si ribalta, perché il trasformatore posteriore fa da leva di appoggio. Considerato il prezzo di acquisto, estendere una griglia di protezione o allungare il case del rack per proteggere le valvole e dare maggiore stabilità sarebbe stato d’obbligo.
Un ulteriore dettaglio di progetto rispetto all’originale sono i trasformatori, che ora sono Cinemag HS52 in uscita e AMI UT26 in ingresso (repliche fedeli dei trasformatori originali Fairchild), e l’alimentazione a stato solido che ha tolto di mezzo altre quattro valvole rispetto all’originale, cosa che è comune anche ad altre repliche. Sicuramente un alimentatore a stato solido fornisce grandi garanzie, ma anche l’alimentatore valvolare potrebbe essere un elemento, seppur minimo, nel suono del Fairchild. Il nostro sospetto nasce dall’esperienza con i veri Pultec, con alimentatore valvolare, e le repliche a stato solido o i cloni più attenti come Warm Audio EQP-WA. L’alimentazione a valvole sembra contribuire al comportamento dinamico del Pultec. Sarà così anche per il Fairchild? Non abbiamo una risposta.
L’interno del rack mostra due schede, con diversi componenti custom come i condensatori. A parte i raddrizzatori per l’alimentazione, tutta al componentistica è discreta e con saldature che sembrano essere state realizzate a mano con grande precisione. Il Fairchild originale aveva saldature punto a punto, dovute all'epoca del progetto. La realizzazione è eccellente e ordinata, come ci si aspetta ai prodotti boutique di Heritage.
L’analisi
Herchild riserva parecchie sorprese. Innanzitutto ha un grado di distorsione armonica importante anche quando non lavora il compressore limiter ma con un rumore molto basso per essere un valvolare. A 40 Hz siamo a -33 dB di distorsione armonica, perché satura il trasformatore di ingresso tenendo un segnale di +14 dBu.
A 100 Hz la distorsione ala a -41 dB, a 1000 Hz siamo a -61 dB e a 10.000 siamo a 70 dB. In pratica l’effetto del trasformatore e dei circuiti si fa sentire maggiormente sotto i 100 Hz. Basta quindi un solo passaggio senza limiter o compressione per una traccia di basso o cassa per avere un immediato beneficio in termini di RMS, mentre i piatti risulteranno meno ricchi di distorsione armonica. Che sia un circuito e un progetto ben riuscito si capisce anche dalla risposta in frequenza, che supera abbondantemente i 20 kHz senza perdere un colpo. Un passo avanti significativo rispetto ai dati ufficiale del Fairchild. Herchild è anche molto molto silenzioso. Chi pensava che potesse essere un circuito valvolare rumoroso si sbaglia di grosso. Impostando il corretto livello d’ingresso, si può aggiungere anche la parte di distorsione armonica dell’amplificatore legato a Input Gain. C’è una variabilità molto estesa per la saturazione inversamente proporzionale alla frequenza. Herchild si dimostra già così tre i miglior saturatori hardware in commercio.
Il circuito di limiter è veloce. Ognuno dei sei settaggi ha curve di risposta in rilascio differenti, mentre rimane costante l’effetto peak limiter: i due tempi di attacco sono così simili tra loro che potremmo concludere che le costanti di tempo agiscono solo sulla fase di rilascio. L’aspetto più interessante è che al cambio di DC Threshold corrisponde anche un cambio di soglia: più ci si sposta verso la curva soft knee, che si fa più evidente solo nelle ultime posizioni sulla destra, più la soglia si abbassa e non di poco.
Scegliere quale compressione usare è un gioco continuo tra modificare la soglia DC, la soglia AC ed eventualmente l’input gain per il limiter quando il segnale è troppo basso. Input Gain si trova dopo il trasformatore d’ingresso, per cui si assiste a un comportamento peculiare di 670: c’è una prima distorsione armonica che dipende dal trasformatore e non eccede mai, e una seconda distorsione armonica o saturazione che può essere aggiunta da Input Gain, fino ad arrivare, in base al livello d’ingresso, a una distorsione vera e propria del segnale.
Abbiamo anche trovato che senza alcuna compressione o limiting, Herchild agisce comunque sul transiente in ingresso, riducendolo di qualche frazione di deciBel.
In prova
Herchild è stata un gran bella sorpresa. Dal punto di vista costruttivo è un eccellente esempio di materiali ben scelti, manopole e switch creati apposta per questo progetto, con una cura per il circuito che lo mette in vetta ai compressori valvolari per silenzio e precisione. L’unico aspetto di cui stare attentissimi è la grande quantità di calore che genera. Dopo un’ora di lavoro il pannello anteriore è a 37 gradi e si rischia di scottarsi appoggiando la mano sulle valvole, molto più calde. Nel rack è obbligatorio uno spazio sopra e sotto, noi aggiungiamo che saremmo più tranquilli installando anche una ventolino silenziosa e lasciando ancora più spazio.
Heritage ha seguito filosoficamente il disegno originale: ha sostituito la costosa valvola 6386 (circa 200 € sull’usato) con due 6B6A che ne raccolgono l’essenza, senza stravolgerne il timbro. Ha mantenuto il voltaggio alto all'interno, a differenza di altri cloni che lo hanno abbassato. Il filtro del sidechain è indispensabile non solo per evitare di triggerare il compressore con basso e cassa, ma anche per aggiungere la peculiare distorsione armonica dei trasformatori su cassa e basso lasciando il resto del segnale al compressore. Le possibilità di Mid Side sono eccellenti, con o senza link. Da provare il Mid con un minimo di peak limiter e il Side con Time Constant su 6 e DC Threshold a ore 13, innalzando l’Input Gain per recuperare qualche dB. Si sente tutta la potenza di Herchild che incolla le tracce, ma rimane sufficientemente trasparente e molto musicale nella compressione, con una colorazione completa e dinamica sull’intero spettro di frequenze. E’ quel tipo di outboard che nelle mani di un fonico con esperienza può fare l’intera differenza sul brano finale, sia per singole tracce che per bus di voci, fiati, batterie, percussioni, chitarre e bassi. Non c’è genere musicale dove Herchild sia di troppo.
A cominciare dal rock e da qualsiasi brano con una chitarra elettrica, che riprende subito corpo e vivacità. I chitarristi che sono anche fonici saranno i primi ad apprezzarne immediatamente la qualità timbrica. Sulle singole voci è in grado di spalmare una patina sulle alte frequenze molto professionale e piacevole, tipicamente da suono di alta classe. Pochi dB di compressione fanno una differenza enorme e la scelta delle costanti di tempo non è affatto difficile. Nell’R&B e soul più recente è quasi una necessità, come anche nel funky. Si sposa con il pop e soprattutto con la musica acustica e il jazz, infondendo corpo, calore e una tridimensionalità difficile da trovare su altri outboard. La presenza che dona alla tracce è tremenda, tutta spostata in avanti, e anche sui singoli bus può diventare un’arma letale quando si vuole bilanciare tra cassa e basso. Ogni tanto avremmo voluto avere un bypass hardware, giusto per godere della grande differenza che fa. Una volta messo in insert, diventa obbligatorio provarlo sulle singole tracce.
La compressione o il limiting sono sempre prevedibili. Peccato non sia possibile modificare i tempi di attacco, perché lo avrebbero trasformato anche in un bus compressor fenomenale. Non che non si possa fare: pochissimi dB di compressione coagulano le tracce, ma in modo diverso da un classico VCA. Ci ha impressionato la pulizia sulle alte frequenze, che sono sempre solide, precise e non sbavano, a meno di intervenire pesantemente con Input Gain per cercare la saturazione. Cassa e rullante sono due strumenti, per esempio, che cambiano faccia quando si fanno passare nell’Herchild. Tenendo una compressione parallela, si può lavorare di fino per dare punta, corpo o decadimenti più lunghi, sempre con risultati musicali e, al termine, talmente naturali che sembra che non si sia stato alcun intervento. Poi, sentendo il confronto tra cassa o rullante originale e quello processato, ci si trova spiazzati per la bellezza e la potenza che si ottiene con Herchild. E non è mai un problema esagerare con la compressione o l’input gain!
Ci sono ancora altri aspetti da considerare che possono cambiare il suono di Herchild: avendo trasformatori in ingresso e uscita, reagisce di conseguenza in base all’impedenza che vedono ingressi e uscite. Soprattutto l’ingresso merita un segnale con una impedenza molto bassa: in altre parole in una catena di mastering occorre attenzione se si mettono in serie outboard con trasformatori. L’interazione è dietro l’angolo e può cambiare le sorti del suono e della dinamica. Con gli attuali convertitori non ci sono grandi problemi, ma siamo pronti a scommettere che una Apogee Symphony I/O con i suo 50 Ω in uscita dia migliori performance rispetto a una vecchia Focusrite Scarlett con 430 Ω di impedenza su Line Out. Cose che una volta si valutavano ma che oggi si danno per scontate.
Non occorre usare il compressore o il limiter per regalare al suono un abito timbrico professionale e di altri tempi. E' però necessario ricordare che Herchild ha una quantità di saturazione che è più alta intorno ai 40 Hz e diventa quasi assente spostandosi sopra i 10 kHz. Tende quindi a non saturare troppo le alte frequenze e questo è forse uno dei segreti per cui ammorbidisce le sibilanti e migliora il tono delle voce, che viene comunque caratterizzata dalla distorsione sulle medie frequenze. L'uso è facile e veloce, ma ci sono alcuni limiti del progetto da considerare: quando DC Threshold è tutto a sinistra, cioè lavora come limiter, la soglia è sempre molto alta. Spostandosi verso la curva soft knee, si abbassa proporzionalmente la soglia. Ciò comporta un aggiustamento costante di AC Threshold quando varia la curva di compressione. Non si possono quindi fare confronti immediati tra due curve differenti con DC Threshold. Tutto quanto si regola ad orecchio, perché il VU meter visualizza solo la riduzione del gain. Attenzione quindi all'outboard posto a valle di Herchild o al convertitore: occorre realizzare una catena del gain corretta che abbia anche headroom dopo l'Herchild, perché l'amplificatore interno può soverchiare l'ingresso successivo con facilità.
Conclusioni
Heritage Herchild ha mantenuto la promessa di realizzare il miglior clone di Fairchild 760, assicurando gli aspetti progettuali con le necessarie revisioni moderne, senza però prendere strade più semplici, economiche o di compromesso. Ha lasciato intatto il disegno dell’amplificatore push pull e del sidechain, cercando di essere il più fedele possibile anche sui trasformatori. Il prezzo è alto, intorno ai 10.000 euro, ma qui stiamo parlando di un prodotto unico, curatissimo in ogni dettaglio e con valvole che si troveranno anche nei prossimi anni a un prezzo accessibile. E’ uno di quei pochi investimenti che uno studio di registrazione può fare per garantirsi il suono del compressore/limiter più leggendario di sempre, ma senza i problemi di manutenzione dell’originale, e nello stesso tempo è una garanzia per il futuro e un biglietto da visita notevole.
Non sappiamo quanto tempo rimarrà in catalogo ma ci sono alcuni esempi di prodotti eccellenti nella lista di Heritage che sono già usciti di produzione, come alcuni moduli serie ’80, cloni fantastici dei Neve. Se il prezzo fosse troppo alto, c’è sempre il canale mono 660, tre unità rack, che è esattamente uguale al 670 ma senza i controlli di link. Herchild va tenuto molto vicino alla DAW, al controller o alla console perché è un richiamo irresistibile. Heritage è riuscita a fornire un'alternativa fedele e moderna al mitico 670.
Pro
Suono unico
Silenziosissimo
Risposta in frequenza estesa
Costruzione e progetto fedele all’originale
Controllo continuo DC Threshold
Compressore e limiter precisi
Contro
Nessuna griglia di protezione per valvole e trasformatori
Info
Midimusic
Prezzo: 10.100 € inclusa IVA