In quel di Genova, Roberto è molto ben conosciuto, non solo per la sua attività legata allo studio, ma anche per le sue consulenze per tutto ciò che riguarda l'audio sulle navi da crociera. la sua trasversalità è tale che gli consente di spaziare dai temi tipici dell'audio pro a quelli del live e alla formazione di fonici.
Luca Pilla: Come ti sei formato e quando hai deciso di installare il tuo studio?
Roberto Vigo: Ho iniziato a studiare musica a cinque anni e quindi da pianista/tastierista ho iniziato a frequentare alcuni piccoli studi di registrazione, per realizzare i brani che scrivevo. Lì è nata la passione per il mondo dell'audio, prima da autodidatta e poi seguendo i corsi della Scuola Civica di Jazz di Milano. Dal ‘95 al ‘98 ho lavorato come fonico live in tour con Grillo e ho realizzato il mio primo piccolissimo studio di registrazione (solo 35 mq) nel 1998. Il secondo, fortunatamente più grande (circa 100mq), è nato tre anni dopo.
LP: Quando nasce Zerodieci e con quale filosofia?
RV: L'attuale Zerodieci Studio è il mio terzo studio di registrazione ed è stato inaugurato nel 2005, frutto di un'accurata progettazione e soprattutto dell'esperienza accumulata con le due strutture precedenti. Avevo bisogno di uno studio molto più ampio ma allo stesso tempo dimensionato per poter funzionare agilmente con solo una persona, con una sala di ripresa molto grande ed altre tre sale isolate in modo da effettuare riprese simultanee ma senza rientri. Riguardo all'outboard ho deciso per l'ibrido, ovvero i vantaggi dell'analogico insieme ai vantaggi del digitale: una vastissima scelta di microfoni e preamplificatori per una tavolozza timbrica più ampia possibile in ripresa, Avid Pro Tools come DAW e la somma in analogico (in questo momento con il sommatore Thermionic). Oltre questo, in studio sono presenti tre registratori a nastro Studer (A812, A810 ed A807) utilizzabili tra l'altro per mastering su nastro magnetico. La filosofia è quindi quella del massimo rispetto della performance live e dell'interplay grazie alle sale di ripresa separate e la conseguente velocità di registrazione che si traduce in un risparmio per l'artista, con il top della qualità di ripresa grazie ai tanti microfoni e pre a disposizione, la flessibilità di Avid Pro Tools e l'ulteriore tocco analogico del sommatore e delle macchine a nastro.
LP: Hai scelto di dotarti di outboard vintage, di cosa non faresti mai meno?
RV: È una domanda difficile, perché nel tempo i gusti cambiano e con loro le tecniche di ripresa, di mix, e di conseguenza l'attrezzatura che usi di solito...Però qualcosa di irrinunciabile ce l'ho, ovvero il setup che uso per la ripresa del pianoforte a coda residente in studio: una coppia di AKG C414 B-ULS assieme al pre 2108 di Universal Audio. Un pre solid state che trovo splendido praticamente in ogni occasione. Sia il 2108 che i microfoni sono fuori produzione ed anche parecchio difficili da trovare!
LP: Tra i microfoni hai dei classici standard ma anche alcuni meno conosciuti. Puoi dirci di più su quelli più di nicchia?
RV: Se con di nicchia intendi un microfono meno famoso di altri, allora posso dirti che la ricerca e l'esplorazione in questo mondo alternativo di microfoni, è diventata un'esigenza per via della qualità sempre più scarsa di alcuni costruttori famosi, di cui paghi sempre di più il nome senza avere la qualità che ti aspetti. Ho notato un piacevolissimo rifiorire di piccoli costruttori che producono microfoni eccezionali, dove la cura che viene impiegata nella scelta della componentistica e l'attenzione alla progettazione e all'assemblaggio si trasformano in un suono che molte grandi marche non riescono più a ottenere con i microfoni che attualmente producono. Tra questi, ho da alcuni anni un Ribera R12 che uso prevalentemente sulle voci femminili e le riprese mono di qualsiasi strumento acustico mi possa venire in mente. È un microfono molto preciso e veloce sui transienti, dettagliatissimo ma mai tagliente nella parte alta, ma la cosa che più apprezzo è una netta sensazione di tridimensionalità sulle riprese, che quindi risultano estremamente interessanti. Ci sono altri costruttori italiani di microfoni che sto conoscendo in questi mesi e di cui spero di provarne i prodotti, perché credo molto nelle persone che lavorano con passione ed entusiasmo come Braingasm di Teo Pizzolante; fuori Italia sono rimasto colpito da Soyuz di cui ho già provato alcuni esemplari a Los Angeles e in Francia.
LP: Gli ascolti sono i monitor Event americani, Genelec e Adam, ora hai anche Hedd in studio, cosa ne pensi?
RV: Guarda, la coincidenza ha voluto che io ricevessi le Hedd in studio proprio in occasione di un intervento di manutenzione delle Event (monitor che ho con me da circa 14 anni). Come ben immagini, utilizzare qualsiasi altra coppia di monitor che non siano i tuoi è sempre piuttosto traumatico, ho quindi montato le Type 07, cioè quelle più simili come dimensioni alle mie 20/20 Bas e la prima impressione è stata quella di sentirmi subito a casa. Mi è piaciuta molto la definizione sul range medio ed il fatto che il tweeter fosse allo stesso tempo morbido ma preciso. Sono riuscito a completare un lavoro con successo nonostante mi mancassero i monitor a cui sono abituato dal 2002, non male direi. Riguardo alle Type 05, non ho ancora avuto modo di provarle con serietà, quindi non saprei riportarti opinioni precise e sensate.
LP: Quali sono i plug-in più interessanti e meno conosciuti che hai trovato?
RV: Più vado avanti e meno ne uso. Più vado avanti e più mi accorgo di non averne bisogno, almeno per le mie produzioni. Aggiungi il fatto che sono un pigro tecnologico e che uso sempre la solita decina di plug-in tra eq, comp ed effettistica in generale, di conseguenza davvero non saprei cosa risponderti. Per me, il punto d'arrivo è quello di piazzare i microfoni nel migliore dei modi in una sala che suona giusta, tirare su i fader, ascoltare e dire: ok, va benissimo così! È per questo che non ritengo i diversi plug-in come componenti importanti nel mio workflow.
LP: Qual è stato l'upgrade più importante che hai fatto per il tuo studio?
RV: Senz'ombra di dubbio i corsi di specializzazione che ho fatto con i grandi maestri, contemporanei e della vecchia scuola, ovvero: Al Schmitt, Eddie Kramer, Tony Maserati e Andrew Scheps, i quali non solo mi hanno insegnato una tonnellata di tecniche, approcci, trucchi e filosofia del lavoro, ma mi hanno fatto capire quanto sia importante lavorare su se stessi, sull'essere curiosi e cercare di imparare sempre qualcosa di nuovo da chi ne sa più di te. La preparazione, la conoscenza tecnica, l'approccio artistico e la creatività sono quello che fa veramente la differenza, non c'è outboard, mixer, DAW o plug-in che tenga...Tornando invece agli oggetti materiali, sicuramente il mio splendido pianoforte a coda Yamaha C7, un esemplare riuscitissimo che incontra sempre il 100% dei consensi tra i pianisti, sia jazz che classici.
LP: Chi ha progettato l'acustica dello studio?
RV: Sono partito con una struttura un po' rischiosa perché sopra di me ho degli appartamenti ed era quindi indispensabile eseguire degli importanti lavori di insonorizzazione, quest'ultima resa possibile dall'altezza del soffitto che era originariamente di quasi sei metri. Tutto il pacchetto è stato quindi progettato da un ingegnere acustico che ha calcolato impedenze, pesi, ingombri e accoppiamenti di materiali, mentre le finiture interne delle sale di ripresa e della regia le ho decise io secondo la mia esperienza derivante dai due studi di registrazione avuti in precedenza.
LP: Quali sono i servizi che ruotano attorno allo studio?
RV: Zerodieci Studio nasce come struttura conto terzi, quindi ogni cosa che possa riguardare l'audio, dal demo chitarra-voce, alla produzione più complessa, includendo grazie ai nostri partner, i servizi accessori di video, foto e grafica, oltre che arrangiamento, trascrizione parti e pratiche SIAE. Ci muoviamo anche fuori sede con il nostro studio mobile, che attualmente ci consente di effettuare riprese multitraccia fino a 32 canali a 96 kHz - 24 bit con convertitori Apogee e Lynx.