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Intervista: Stephan Schertler, l'arte elettronica


Sempre a caccia di una visione differente, questo mese incontriamo il progettista di tutti i prodotti Schertler, tra cui il mixer modulare Arthur.

L’occasione è unica, perché Stephan progetta l’hardware analogico dei suoi mixer senza impiegare la logica del feedback negativo, tecnica per tenere sotto controllo gli amplificatori, utilizzata da quasi tutti i produttori di hardware analogico a componenti discreti, con operazionali o valvolari. La questione non è di poco conto, se si parla di elettronica. In passato anche Massimo Sutera aveva sviluppato un preamplificatore senza feedback negativo, con risultati diversi dalla norma, certamente più dinamici e veritieri.

Stephan, che abbiamo incontrato a Francoforte, è fortemente critico con l’attuale mercato dell’audio professionale, quasi sempre basato sull’impiego di operazionali. L’argomento è tecnico, ma merita di essere approfondito per dare una visione più ampia possibile dell’importanza del progetto elettronico e delle sue conseguenze.

 

Schertler stephan mixer modular analog audiofader

 

Luca Pilla Uno degli elementi che ha cambiato il corso dell'elettronica è il circuito di feedback negativo, che consente di tenere sotto controllo l'elettronica, producendo un comportamento che può essere predetto. Tu hai disegnato i componenti del mixer senza alcun feedback negativo: come lo hai realizzato?

Stephan Schertler Parto da un esempio. I finali moderni, analogici e digitali, sembrano avere un'impedenza verso zero Ω (così sembra di capire leggendo le specifiche) e devono pilotare speaker da almeno 4 Ω. Com’è possibile, sapendo che l’impedenza reale è circa cento volte più alta? Se volessi semplificare direi: arriva una segnale amplificato molto forte e l’altoparlante lo trasduce ma il finale va in ginocchio, per colpa della sua impedenza reale di 0.8 Ω, contro i 4 Ω dello speaker.

Lo speaker si comporta realmente come un circuito di feedback negativo: l’amplificatore vede il segnale sui morsetti dello speaker che cede e così aumenta il gain del finale per dare più corrente alle bobine dello speaker. Benissimo, ma quell’attacco, quella botta che emozionerebbe, se ne già andata perché ci vuole un minimo di tempo per incrementare l’amplificazione!

Torno alla tua domanda: la retroazione negativa è molto facile a realizzare, funzionale, semplice, elegante, crea stabilità in DC, quasi in automatico… ma è sempre in ritardo! Dire che questo ritardo non si sente è dovuto al fatto che non ci sono molti esempi di amplificazione senza feedback negativo: la quasi totalità dei professionisti non ha mai avuto il piacere di apprezzarne la differenza! Dopo aver progettato e risolto i circuiti senza applicazione del feedback negativo, non uso più alcuna retroazione nei componenti del mixer.

Ho incontrato tanti limiti, problemi nati anche per la mancanza di feedback negativo, ma i problemi pretendono una soluzione. Il problema più grande era il circuito di sommatore del mixer; mi è costato sette anni di sviluppo e ricerca. Il sommatore ideale può essere usato per molte funzioni, non solo sommare i canali.

Un altro problema era la dinamica: si entra in un transistor a 5 Volt, si esce a 26 Volt, si ritorna con un altro transistor di polarità al contrario, uscendo a 10 Volt ecc. Tutto questo giro non funziona, si perde troppa headroom. Dovevo trovare un’architettura simile all’amplificatore operazionale che lavora al centro del voltaggio a disposizione, sfruttando sempre al meglio lo spazio di manovra, che sul mixer equivale al massimo di 36 Volt e per i miei transistor anche più di 100 Volt.

Molte di queste soluzioni sono incluse nel mixer Arthur, il cui progetto è cominciato nel 2015. È stato affascinante, coinvolgente, una bellissima avventura che va avanti e che dà tanta soddisfazione, anche sonora. Attualmente, sto lavorando a una console per studio di registrazione con un minimo 30 dBu di headroom e uscita a 35 dBu.

 

Schertler Arthur 48 mixer modular analog audiofader

Arthur 48, un esempio di assemblaggio dei moduli

LP Mi sembra di capire che la tua scelta sia stata dettata dalla ricerca di un suono molto trasparente, musicale e ricco di transienti, per lasciare il più possibile inalterato il timbro. Quanto di questo risultato è dovuto alla scelta dei componenti, all'assenza del feedback negativo e all'alimentazione?

SS Molto è dovuto alla scelta dell’architettura senza feedback negativo, ma non solo. Tutta l’amplificazione di Arthur, dall’entrata all’uscita, è realizzata in corrente continua (DC), il segnale non passa da nessun condensatore, a parte quelli in entrata e uscita, che sono di norma. Non c’è un collo di bottiglia stretto come capita sui mixer.

Qui l’headroom è tipicamente di 30 dBu, grazie alla scelta dell’alimentazione a 50 Volt. Tutti gli stadi, gli amplificatori o i buffer sono configurati in Classe A. Non dimentichiamo la qualità dei componenti, ma un circuito con operazionali e condensatori high-end a carta d’olio suonerà comunque da operazionale.

 

LP Una delle prime cose che valuto in un prodotto è l'alimentazione: il voltaggio fornito, l'amperaggio e il tipo di alimentatore sono i primi elementi della catena da cui dipende la dinamica e la capacità di rappresentare i transienti. Hai scelto di fornire un alimentatore switching e uno a trasformatore per i tuoi mixer. Quali sono le tue considerazioni sulla qualità dell'alimentazione?

SS Per principio, un alimentatore lineare, perciò a trasformatore, ha tutti i vantaggi possibili, se escludiamo il peso, il consumo e il costo: meno rumore, più calma e naturalezza nella riproduzione sonora. I circuiti audio lavorano con meno fatica e l’immagine sonora è più profonda. Lavorando senza feedback negativo, la pulizia del rail, cioè del binario di alimentazione, è molto importante e per questo ho previsto dei filtri attivi molto curati in serie sull’entrata dell’alimentatore sul mixer, ma anche su ogni canale e su ogni blocco come pre, eq, buffer ecc.

Abbiamo notato, avendo messo i filtri, che anche con un buon alimentatore switching non si incontrano dei veri problemi. Il piccolo mixer Prime 5, per esempio, costerebbe 750 € in più per l’alimentatore PS36 a trasformatore, a differenza dello switching PS15 che costa 70 €, funziona bene ed è più democratico. La dinamica, vista come headroom, dipende del voltaggio dell’alimentatore (noi lavoriamo tra i 48 e 52 Volt per singolo rail, rispetto alla media intorno ai 15 Volt) e dell’architettura della elettronica.

Sul transiente inciderebbe l’alimentatore in un finale di potenza AB, dove la corrente non è costante, ma non su un mixer in Classe A, dove l’alimentatore non deve fornire e compensare la corrente, perché e costante. Io preferisco comunque l’alimentatore lineare.

 

Schertler Prime 5 mixer modular analog audiofader

PRIME5 è un mixer preassemblato e non espandibile che utilizza la stessa tecnologia utilizzata nei moduli di Arthur

LP Siamo passati dalle valvole ai transistor, poi agli operazionali. Ogni tecnologia ha un suo pro e un suo contro circa il suono. Oggi il mondo si divide tra progetti valvolari, progetti misti tra circuiti a componenti discreti e operazionali, e progetti completamente operazionali. Tra gli operazionali, però, ci sono consistenti differenze nelle prestazioni, tra i quali lo slew rate come indice di capacità di gestire i transienti. Che limiti vedi negli operazionali?

SS È un discorso lungo. La valvola ha un timbro sonoro diverso del semiconduttore, ma la differenza non è grande, tranne nell'architettura. Un circuito valvolare può lavorare con poca o nessuna retroazione negativa, dato dalla natura stessa delle valvole per la difficoltà di tirare fuori un elevato gain dalle valvole, che sarebbe sprecato usando la retroazione negativa. Perciò, se anche la valvola è più lenta come componente, la sua configurazione in un circuito risulta parecchio più veloce, dando un suono più vivo, diretto, emozionale, musicale e più vero.

È una leggenda pensare che la valvola aggiunga componenti naturali, come le distorsioni, che la fa suonare in quel modo. Se è così, quel progetto valvolare è fatto male o volutamente errato per estrarre distorsioni. Un circuito valvolare preciso può fornire invece più dettagli e transienti. Anche nel caso di circuiti con semiconduttori, ma senza feedback negativo, si possono ottenere le stesse identiche proprietà sui transienti delle valvole, ma con timbro leggermente diverso.

Il problema è che l’outboard analogico senza feedback negativo è raro come un tartufo bianco! Tanti esperti, semi-esperti e amatori non hanno mai sentito un semiconduttore che lavori senza retroazione negativa, come tanti Norvegesi non hanno ancora assaggiato il tartufo.

Tornando all’operazionale: è chiaro che è sempre importante scegliere l’operazionale giusto, possibilmente con l’open loop gain più basso possibile; è però un’illusione pensare che un operazionale veloce risolva il problema del transiente perso. Quale che sia il suo slew rate, l’intervento del feedback negativo crea una distorsione temporale che a sua volta produrrà una distorsione di intermodulazione sul transiente.

Un op-amp che vede un nuovo segnale in entrata (succede per esempio in una ripresa di orchestra a scatti di nano secondi), ancora non lo vede nel loop del feedback negativo, perché dovrebbe essere già sull’uscita quasi prima di entrare. Vedendo quindi un’informazione, senza essere frenato e controllato dalla retroazione negativa, l’op-amp accelera con il suo massimo slew rate. In questo stato, certo molto breve, distorce al 100% e rimane sordo, non riesce a rispondere a eventi brevi, come i transienti, perché è occupato con sè stesso, sebbene questo problema sia al di sotto della nostra soglia uditiva e percettiva.

Certo, la ripresa suona pulita, senza problemi e in ordine, ma la rappresentazione dei transienti e la distorsione temporale producono un risultato timbrico informativo ma privato di quelle emozioni che sono il vero metro di misura della musica... e a che altro potrebbe servire la musica?

 

Schertler Arthur 48 mixer modular analog audiofader

Arthur 48, la sezione ingresso mic e line della nuova serie X

LP Esiste una fascia ristretta di prodotti di alto prezzo nell'audio pro che sono basati su operazionali: fino a che punto si può raggiungere una qualità alta con gli op-amp e dove i circuiti discreti superano gli operazionali?

SS È una questione di gusto. La mia esperienza e opinione mi dice che un circuito a operazionale, come anche uno a singoli transistor (discreto) con elevato feedback negativo, non dovrebbe entrare nel campo dell’high-end, dove è d’obbligo tirare fuori il massimo da una voce o dal solco di un vinile. Prodotti realizzati con integrati possono essere messi al massimo sotto la categoria di elettronica eccellente di consumo, che rimane pur sempre consumer.

Certo, con questa affermazione non mi faccio molti amici nell’industria dell’audio pro. Bisogna aggiungere che l’amplificatore operazionale è stato concepito sessant’anni fa per applicazioni che richiedono altissima precisione nel gain e bassissima distorsione per segnali stazionari, e sono stati usati nelle regolazioni, misurazioni, calcoli ecc, esattamente il contrario di quello che è richiesto per l’audio, che necessita di velocità in risposta ma non richiede assolutamente calcoli!

Ai tempi, nessuno alla Texas Instruments aveva pensato alle applicazioni audio e ci vollero anni prima che l’operazionale entrasse in questo campo. Ti ricordi Studer? Solo nel 1980, con il registratore multitraccia A-800, ha cominciato a usare integrati. E come suona l’A-800 in confronto all’A-80, che è a componenti discreti con minimi punti in feedback negativo? Pensando a una metafora culinaria, un progetto con feedback negativo e operazionali sappia un po’ più di conserva e non di pomodoro fresco! Gli op-amp nell’audio sono un malinteso nella storia della tecnologia, o almeno una forma di pigrizia e pragmatismo per me sbagliato.

Per intenderci, l’operazionale può stare in un buon prodotto consumer, ma non me lo aspetto in un prodotto ad alto costo destinato all’high-end e al mercato professionale.

 

Schertler Arthur 48 mixer modular analog audiofader

Arthur 48, la sezione Master della nuova serie X

LP È piuttosto facile creare un preamplificatore da un operazionale, meno a circuiti discreti. Qual è il tuo disegno per il preamplificatore e come lo hai realizzato?

SS Ci sono quattro tipologie diverse. Tre hanno feedback negativo e sono realizzati solo con operazionali, misti operazionali e transistor e circuiti discreti con transistor con più e meno feedback negativo. Il quarto è a componenti discreti, sempre a transistor, ma privo di circuiti a retroazione negativa. Li ho elencati in modo ascendente, secondo difficoltà e tempo di sviluppo. Il quarto tipo, discreto senza feedback, è quasi inesistente ed è impiegato nell’Hi-Fi di alta gamma.

Oggi ci sono ancora ingeneri, che incontro durante le fiere, che affermano che sia impossibile realizzarli. Ho smesso di usare gli operazionali venticinque anni fa dopo, aver realizzato un circuito audio privo di retroazione, che mi diede un risultato inaspettato. Da quel momento ho lavorato senza sosta su questa applicazione. Un semplice preamplificatore senza retroazione è anche molto facile da realizzare, ma prova con un eq, o peggio un eq parametrico, un sommatore, il routing, gli effetti dinamici ecc. I libri di scuola dicono che sia impossibile realizzarli o, peggio, non prendono proprio in considerazione l’idea, partendo sa schemi che prevedono solo operazionali.

Sento tanti commenti, critiche e suggerimenti da esperti che non hanno mai avuto l’immaginazione di pensare a circuiti senza feedback. Un circuito senza retroazione è anche più stabile di qualsiasi altro, e identicamente lineare e più costante in gain, fruscia meno di un circuito integrato. I miei pre microfonici hanno un EIN di –129.3 dB e tante altre caratteristiche meno note. Certo, ogni amplificatore deve avere il suo DC servo contro l’offset, una specie di feedback lentissimo senza audio che possiamo definire dire un circuito a sé, parallelo al segnale audio, che controlla l’offset del comportamento termico a 100 milliHertz, e ci vuole un’alimentazione pulitissima, tutto in Classe A.

Il master eq del mixer Arthur, stereo a cinque bande completamente parametrico, contiene ben 590 componenti! Vale la pena? Mettendo tutti i filtri in flat e switchando l’eq tra On e Bypass, non c’è alcuna differenza udibile. Provate a farlo con un EQ a operazionali e vedrete che ci saranno differenze anche nella dinamica! Può essere vero che a qualcuno piaccia l’eq che colora e perde freschezza e nitidezza. Il colore della conserva?

 

LP L'equalizzatore è da sempre una bestia difficile, soprattutto quando l'alimentazione è insufficiente per gestire il gain. Come lo hai realizzato sul mixer e come hai gestito l'headroom?

SS Sarò noioso, ma il maggior difetto è la retroazione negativa, qui particolarmente evidente perché in un eq complesso si trovano facilmente venti back loop in serie, il che rende l’equalizzatore molto frenante. Per il mio gusto, ci sono degli eq semplicemente non usabili, per la perdita di nitidezza e freschezza. Accendo l'eq per correggere i bassi e ottengo un suono da microfono di scarsa qualità, è inaccettabile. Ci sono certi eq con colli di bottiglia sulla dinamica, limitata a +20 dBu (tipicamente anche soli 16 dBu) che permettono di alzare delle bande di frequenze fino a 18 dB. In questi casi, un segnale di soli +2dBu con il gain al massimo manda tutto in clipping.

Sui miei mixer, avendo accesso a quello che definisco il sommatore ideale, gestisco i filtri in parallelo: un ramo del sommatore non filtra e manda l’originale all’uscita, perciò il segnale originale non passa da nessun filtro, da nessun condensatore. Questa è la ragione per cui non si sente nessuna differenza switchando il bypass dell’eq messo in flat. Poi ogni filtro ha il suo percorso nel sommatore. Il gain del filtro gestisce il segnale originale in fase (aumenta i dB della frequenza) o in enfasi, che abbassa il gain della frequenza. I filtri parametrici (master eq di Arthur 48) sono realizzati con dei Gyrator in corrente differenziale, una cosa che non ho mai visto altrove.

I circuiti per equalizzare e sommare si trovano anche nei libri di testo, ma sono sempre con feedback negativo, senza eccezione!

 

LP Concludo la nostra intervista con il sommatore: perché i sommatori suonano così diversamente tra loro e come hai realizzato quello implementato sul tuo mixer?

SS Sommare dei segnali è un compito molto difficile per un circuito elettronico. Digitalmente l’addizione in tempo reale di 60 tracce a 24 bit e 96 kHz funziona solo per chi crede nell’assolutismo di un computer. Per questa manchevolezza si usano spesso i sommatori analogici, che suonano uno diverso dall’altro, come dici tu. Vuol dire che c’è qualcosa che non funziona comunque. Anche qui il colpevole è la retroazione, perché tutti lavorano secondo il principio di zero Ω di corrente, creato tramite il back loop frenante.

Quando ho cominciato a trasformare tutti gli schemi elettronici per l’audio eliminando il feedback, il sommatore è stato un vero ostacolo. Mi è costato sette anni di prove e pensieri. Oggi funziona con un gioco di correnti, sempre senza feedback: c’è un generatore che inietta corrente costante in ogni canale, che varia la sua corrente secondo il suo segnale. Tutte le correnti ritornano in un unico segnale, in una corrente unica, che è trasformato in voltaggio o segnale, e rispecchia la somma di tutti segnali in tempo reale: parliamo di un ritardo della magnitudine di nano secondi, ma senza distorsione temporale, della quale soffrono più o meno tutti sommatori analogici.

 

Il feedback negativo

Nell’elettronica lineare, dove i segnali elettrici sono modificati secondo operazioni lineari come la moltiplicazione o l’amplificazione, l’applicazione del feedback negativo (retroazione) prevede che il segnale in entrata all’elemento di amplificazione sia a sua volta riportato all’ingresso per modificare, con una retroazione negativa, l’amplificazione, stabilizzare il guadagno e poter rendere anche la risposta dell’amplificazione lineare e prevedibile.

Il guadagno dell’amplificatore non è più dipendente dalle caratteristiche dello stesso amplificatore, ma è invece gestito dalla rete di feedback negativo. L’applicazione di questo concetto è comune con gli amplificatori operazionali (op-amp), che sono alla base del 99% dell’outboard analogico o delle sezioni analogiche in ingresso e uscita di un mixer. Un op-amp ha di solito un’impedenza d’ingresso molto elevata e un guadagno molto elevato: inserendo un circuito di retroazione negativa, sarà possibile controllarlo a piacere e portarlo alla stabilità, così da renderlo appunto lineare senza problemi di saturazione.

Più generalmente, l’applicazione di un feedeback negativo a un sistema dinamico lo porta a un punto di equilibrio e lo rende lineare, quasi indipendente dal tipo di sistema dinamico.

 

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pdf 04 Stephan Schertler