Miscelare analogico e digitale non è mai stato così facile. Il fratello maggiore di JD-Xi è pronto a far battere il cuore di chi ama l'analogico e di chi apprezza la flessibilità del digitale.
È ufficiale: i sintetizzatori analogici sono tornati di gran moda. Dopo anni di virtual analog e diatribe tra chi sostiene che ormai gli algoritmi digitali siano abbastanza evoluti da replicare esattamente un circuito analogico e coloro che sono alla ricerca spasmodica di costosi quanto insostituibili (secondo loro) vintage, i produttori di sintetizzatori hanno cominciato, uno dopo l'altro, a proporci macchine real analog. Roland non poteva restare a guardare e, dopo aver sondato il terreno con il piccolo JD-Xi, si presenta con una macchina di categoria superiore, degna delle pietre miliari della casa nipponica.
JD-XA
JD-XA è un sintetizzatore con due motori di sintesi: uno analogico con DCO e VCF e uno digitale di tipo SuperNatural. Il pannello frontale è pieno di controlli, come i suoi predecessori JD/JP, con la particolarità di essere retroilluminati, per un effetto scenico notevole. Completano la dotazione tastiera da quattro ottave, processore effetti, arpeggiatore, pattern sequencer a 16 tracce, funzione CV/Gate out e ingresso microfonico. La plancia è organizzata in modo impeccabile: nonostante la doppia natura, non immaginatevi un pannello sdoppiato come quello del JV1000, ogni funzione è assegnata a un unico controllo fisico. È il software a comandare la parte analogica o la parte digitale in base alle impostazioni della matrice di pulsanti in alto a sinistra. A ogni Part digitale/analogica e Partial è assegnata una coppia di pulsanti retroilluminati: ON e Select; il primo accende/spegne i Part/Partial, con LED rosso integrato, Select (con LED blu) imposta quali Part/Partial andremo a modificare se agiamo sui controller. È possibile editare fino a quaatro Part o tre Partial con un procedimento che ricorda quello già visto su altri synth, come il JD800. Su JD-XA questa soluzione è ancora più comoda e indispensabile dal momento che i generatori sono due. I due motori di sintesi possono lavorare singolarmente, in split/layer oppure in modalità Crossover, da cui la X nel nome: possiamo generare un suono digitalmente e modificarlo analogicamente.
Analogico
La sezione analogica è composta da quattro voci che possono lavorare in modalità polifonica (Poly Stack) o multitimbrica/unisono. Ciascuna voce comprende due DCO senza sub-oscillatore, due inviluppi AD dedicati al pitch di ciascun DCO, due LFO, un filtro analogico multimodo, un filtro HP e due inviluppiADSR, uno assegnato all'amplificatore e uno al filtro. Il mixer che miscela i due DCO ha un terzo ingresso che può essere assegnato alternativamente a un oscillatore che produce rumore bianco o rosa, al generatore digitale (modalità Crossover) o al segnale proveniente dall'ingresso microfonico. I due oscillatori dispongono dello stesso set di forme d'onda: dente di sega, triangolare, quadrata, a impulso e sinusoidale. Per estendere la palette sonora abbiamo a disposizione le funzioni di OSC Sync, Cross Modulation, Ring Modulation con sorgente sia analogica che digitale e PWM, quando i DCO generano onde duty cycle, cioè rettangolari. Per colorare maggiormente il suono e dare una spinta in più c'è un controllo drive. Il segnale proveniente dall'ingresso microfonico (dotato di Phantom 48V) può essere utilizzato come sorgente di modulazione di una serie di parametri come la frequenza di taglio del filtro, la profondità della cross modulation o la pulse width. Completa la catena di sintesi una sezione multi effetto con equalizzatore e processore MFX dedicati per ciascuna Part, più due processori TFX, un riverbero e un delay che agiscono sull'intero Program. Se invece vogliamo il segnale pulito possiamo prelevarlo dall’uscita Analog Dry Out.
Digitale
La parte digitale conta quattro Part, ciascuna con tre Partial. Questa sezione ha polifonia fino a 64 voci. Ogni Partial ha un generatore che può produrre forme d'onda elementari virtual analog o una delle 450 waveform campionate, un filtro multimodo digitale a 14 modalità e un TVA. Tutti e tre possono essere modulati dal proprio inviluppo e oscillatore a bassa frequenza. È possibile attivare la ring modulation tra Partial 1 e Partial 2. Tutto questo moltiplicato per le quattro Part, con un equalizzatore e un processore MFX dedicato. La somma delle quattro Part finisce, insieme alla parte analogica, negli effetti globali: due processori TFX, un equalizzatore master, un riverbero e un delay. Le uscite Main sono bilanciate. Il generatore digitale sfrutta la tecnologia SuperNatural ed è possibile importare tramite memoria USB i singoli toni di Integra-7 o di FA-06/08. Il segnale proveniente dal microfono può essere utilizzato come vocoder, oppure semplicemente effettato col riverbero dedicato. A differenza della sezione analogica, in quella digitale non è possibile utilizzare il segnale microfonico come sorgente di modulazione.
ALL’INTERNO
Bisogna rimuovere una ventina di viti per poter togliere il pannello superiore e accedere al cuore di JD-XA. L’interno è molto ordinato e lo spazio è completamente occupato da due grosse schede. Gli unici cavi presenti sono i flat cable della tastiera e del pannello. Identifichiamo due circuiti stampati separati: uno rosso dedicato alla sezione analogica e uno verde dedicato a quella digitale. Nella parte analogica è chiaramente visibile il layout che si ripete quattro volte, uno per ciascuna voce. Roland ha utilizzato operazionali JRC 13700, 4580, 2082 e 2094 per la catena di sintesi analogica.
Nella sezione digitale scorgiamo un ADC AKM AK5384 utilizzato per convertire in digitale il segnale del microfono. Per la conversione DA ci sono tre Cirrus Logic CS4398, DAC stereo a 24bit con 120 dB di dinamica e -107 dB di THD+N. È logico pensare che questi siano utilizzati dall’uscita cuffie, dall’uscita main e dall’uscita click. Infine troviamo un AKM AK4358, con 112 dB di dinamica e -94 dB di rapporto segnale/rumore. È un DAC a otto canali che supponiamo sia adibito alla conversione in analogico dei quattro segnali digitali, prima di entrare nei filtri analogici. La sezione USB è responsabile delle funzioni di MIDI over USB e Audio Over USB che si affiancano alle classiche uscite audio bilanciate e alla copia di prese DIN pentapolari MIDI.
I suoni
Per farci subito un'idea di come suona JD-XA, abbiamo ascoltato i 64 preset. I tappeti sono possenti e di grande effetto, dai più semplici in stile vintage, a quelli più complessi ed evolutivi grazie alla sezione digitale. I suoni lead sono incisivi e taglienti, ricchi e capaci di bucare il mix, merito sicuramente della sezione analogica. Ring e Cross Modulation sono molto convincenti nella creazione di suoni in stile Prophet 5. Tra i preset ne sono presenti molti che sfruttano l'arpeggiatore, ben programmato, anche in modalità multitimbrica. Oltre alle classiche modalità up-down-random è possibile programmare con facilità dei fraseggi personalizzati. Abbiamo a disposizione anche un pattern sequencer a 16 tracce: le prime otto sono assegnate alle 4+4 parti interne. Le altre otto possono essere assegnate a generatori esterni, collegati via MIDI o USB. Due tracce possono essere anche convertite in segnali CV/Gate per controllare macchine vintage. I Program che sfruttano questo strumento sono particolarmente d’ispirazione, grazie alla sua struttura completa e intuitiva, le cui impostazioni sono salvate all’interno di ciascun preset. È possibile assegnare una traccia separata a ciascun Partial e creare per esempio un loop drum+bass+lead. I pattern tuttavia non possono essere concatenati.
La qualità del processore effetti è notevole ed è parte integrante e caratterizzante di molti Program. I preset non sono dedicati principalmente alle sonorità vintage, talvolta non viene neppure sfruttato il generatore analogico. Parlando di vintage non possiamo trascurare il gradevolissimo XA Brass col quale abbiamo accennato molti riff anni '80. Interessante il tappeto FPF3 Pad con l’utilizzo dei filtri analogici sui generatori digitali e diversi synth lead. Completano il campionario alcuni sound FX e qualche synth bass. In generale i quattro banchi di preset non sembrano rendere pienamente giustizia a JD-XA. Per la gioia dei programmatori è presente la comoda funzione per resettare un Program, una Part o un singolo Partial. Partiamo quindi da zero per ricreare alcune sonorità: impostiamo entrambi gli oscillatori in Pulse Width controllato da LFO, su due ottave appena scordate. Ci accorgiamo che le due onde rettangolari sono armonicamente leggermente diverse: un trucco per avere un suono più ricco e grosso già in partenza, da far passare nel filtro analogico. Usiamo il LPF2 che ha una sonorità più possente e lo chiudiamo. Ora giocando con l’inviluppo del filtro abbiamo a disposizione tutte le sonorità di basso synth, dal più scoppiettante al più paperoso. L’inviluppo è rapido ma non siamo riusciti a programmare dei bassi realmente snappy come ci si potrebbe aspettare da un analogico. Programmando bassi synth abbiamo sentito anche un po’ la mancanza di un sub-oscillatore, asso nella manica presente sul fratello minore JX-Xi o in modelli mono-oscillatore come Juno-106. Cambiamo la forma d’onda degli oscillatori in triangolare e attiviamo l’OSC-Sync. Notiamo un’anomalia: la sonorità tipica di questa funzione sparisce dopo pochi istanti. Questo avviene sia cambiando la frequenza del primo oscillatore che del secondo. Riportandole all’unisono e disattivando OSC-Sync il livello del segnale risultante crolla quasi a zero per poi ricomparire non appena modifichiamo, anche di pochissimo, la frequenza di uno degli oscillatori. Probabilmente un problema che verrà risolto con un aggiornamento firmware.
In prova
Accendiamo JD-XA e la prima cosa che ci colpisce è l'effetto scenico davvero notevole: tutti i potenziometri e gli slider retroilluminati spiccano sul pannello nero lucido. La costruzione generale è diversa dalle macchine analogiche di fascia simile. Roland ha preferito il basso peso specifico delle materie plastiche a materiali quali legno e metallo. Il risultato è eccellente e l'aspetto è quello di una macchina di alto livello e leggerissima (solo 6,5 Kg, escluso l’alimentatore esterno). Le due fasce di alluminio anodizzato nero, fissate con brugole nere, confermano il look tecnologico e futuristico di JD-XA. La tastiera ha un buon feeling: corsa precisa del tasto, fine corsa morbido e ritorno abbastanza rapido da consentire il ribattuto. Il pannello è molto ricco di controlli, rispettando la dotazione dei predecessori (JD800, JP8000 e il recente JD-Xi). Peccato che anche le scritte non siano retroilluminate: in condizioni di scarsa illuminazione è difficile capire a quale parametro corrisponde quello slider o quel potenziometro. Per risolvere il problema abbiamo utilizzato una gooseneck lamp, rovinando però l'effetto scenico. Sfruttando la retroilluminazione vengono oscurati i controlli non in uso. Per esempio si spegne la sezione A-OSC2 quando si lavora sul motore digitale, perché questo ha un solo oscillatore per Partial. Il software gestisce bene l’assegnazione dei controlli ai due circuiti separati interni. A dimostrazione della complessità di gestione, ogni tanto, lavorando sul filtro e passando da analogico a digitale, si sentono dei piccoli disturbi, ma nulla che possa infastidire durante una performance.
L'organizzazione dei controlli è impeccabile: disposizione logica e intuitiva, con comandi ben spaziati tra loro. I potenziometri sono gradevoli al tatto e precisi, non si odono gradini durante il movimento. Per alcuni è addirittura possibile utilizzare il tasto Shift per regolare con maggiore precisione. La Cutoff Frequency è regolabile in questo modo, comodo se vogliamo per esempio accordare la frequenza dell’auto oscillazione del filtro. I potenziometri possono lavorare in modalità Direct o Catch, per evitare salti: il parametro non cambia fino a che non abbiamo agganciato la posizione corrispondente al valore memorizzato nel Program. Avremmo apprezzato anche la possibilità di visionare il valore del parametro assegnato senza ruotare il potenziometro, tramite sensori di prossimità. A ciascun controllo è possibile associare un CC, trasformando di fatto JD-XA in una superficie di controllo per un’altra macchina.
Sentiamo la mancanza di un data entry al posto dei tasti +/- per editare i parametri non associati ad un controllo fisico. Con piacere troviamo sia il classico joystick Roland che la coppia di wheel, liberamente assegnabili. La modulation del joystick può comandare un LFO aggiuntivo, denominato MOD LFO, per modulare pitch, filter cutoff e amp level degli oscillatori. Questo e altri parametri sono accessibili solo tramite display e tasti navigazione. La matrice di modulazione 4x4 dispone di un set standard di sorgenti (classici CC, velocity, aftertouch, keyfollow, ecc) e 16 destinazioni possibili, cioè solo i parametri principali della catena di sintesi analogica sono modulabili.
I filtri LPF1 e LPF2 sono a quattro poli, il primo più cupo e morbido, il secondo di tipo transistor ladder, ispirato a Moog, brillante e più presente in gamma bassa. LPF3, HPF e BPF sono invece a 2 poli e con un comportamento molto strano se il livello in ingresso e la resonance sono elevati, quasi una specie di modulazione di tipo S&H unito a una rumorosità di fondo poco piacevole. È presente un secondo HPF, sempre analogico, da –6 dB di taglio, non risonante, in coda a quello multimodo. Il suono è decisamente diverso: più gradevole e ad ampio spettro il primo, più lineare e limitato il secondo. Nelle Part SuperNatural tale filtro è digitale. Il Drive è musicale e utile per dare una spinta in più, ma è poco dosabile: sentiamo chiaramente un suono più graffiante e ricco di armoniche superiori solo quando portiamo il potenziometro oltre i 2/3 della corsa.
Il generatore digitale nasconde bene il limite della polifonia analogica e sblocca molte possibilità quando mettiamo in layer i due generatori o intrecciamo fra loro le due catene di sintesi. Sommando il carattere della sezione analogica alla versatilità e alla complessità del generatore digitale SuperNatural si aprono nuovi orizzonti, possibili solo accoppiando due macchine distinte con un ovvio gap di praticità. Attenzione però che la catena di sintesi di Integra 7 è più estesa, quindi non è possibile importare i Program per intero che richiederebbero per esempio le forme d’onda e la matrice di modulazione presente sul recente rack di Roland. Anche nella parte analogica sentiamo la mancanza di qualche opzione e la matrice di modulazione è una semplice 4x4 e non tutti i parametri sono modulabili.
Non potevamo non accendere il V-Synth GT, considerato da molti l'ultimo vero synth di casa Roland. Ebbene il cuore analogico di JD-XA si fa sentire, soprattutto su lead e tappeti. Il generatore SuperNatural, colorato con gli oscillatori e il filtro analogico, ha una marcia in più rispetto al V-Synth GT. Inoltre gli anni del processore effetti del GT si fanno sentire. D’altro canto, restando nel dominio delle sonorità digitali, per dinamica e possenza, V-Synth GT mantiene un buon primato. Se invece vogliamo valutare la sonorità analogica, diamo spazio al nostro Voyager. Il confronto è sicuramente azzardato, perché stiamo parlando di un analogico puro monofonico dal costo superiore, ma ci consente di giudicare il filtro LPF2. JD-XA si difende bene anche contro un mostro sacro come il Voyager, pur non avendo la stessa pienezza nei suoni monofonici e gli inviluppi altrettanto veloci. Confermiamo il sapore del filtro che ricorda appunto quello dello storico monofonico Moog. Vogliamo provare infine la modalità crossover. Scegliamo un preset che utilizza la generazione digitale, selezioniamo una parte analogica, portiamo a zero i livelli di entrambi i DCO e alziamo il livello del segnale Aux, dopo averlo impostato su Digital Part. Ecco fatto: il suono prodotto dal generatore SuperNatural passa nel filtro analogico con un effetto che ci ricorda molto il Waldorf Q+, dove il suono digitale viene colorato e anche saturato dal controllo Drive o semplicemente dal livello elevato di uscita della parte digitale. L'assegnazione tra Part digitale e Part analogica è fissa: il generatore digitale 1 verrà effettato dal filtro analogico della Part 1 e così via. Questo permette di sommare quattro sorgenti filtrate in modo indipendente.
CONCLUSIONI
JD-XA ci è piaciuto. Suona analogico in chiave moderna, perfetto per EDM e dance, ma adatto anche per pop e rock. A differenza di altri analogici moderni possiede tutto il sostegno di un generatore digitale SuperNatural per non trovarci a corto di polifonia e di funzioni. Premiamo quindi l’idea del doppio cuore e apprezziamo il modo in cui è stato implementato. Il paragone con altre macchine di pari prezzo ha poco senso: il JD-XA ha la metà delle voci analogiche di un Prophet 08 e non si prestano al confronto diretto trattandosi di due progetti intrinsicamente diversi. JD-XA è un synth che punta sulla versatilità e sui suoni attuali più che sulla riproduzione di una timbrica vintage, in questo caso alla Jupiter/Juno. Tanto meno possiamo metterlo in competizione con analogici monofonici come Sub37/Little Phatty o di pari polifonia quale l’Analog Four, diversi concettualmente e più limitati come catena di sintesi. Avremmo preferito avere sei voci, o meglio ancora otto, ma sospettiamo che il prezzo sarebbe salito eccessivamente. La leggerezza e la presenza di arpeggiatore/sequencer e uscita click ne fanno uno strumento particolarmente adatto sul palco. Infine, l’occhio vuole la sua parte e sicuramente JD-XA è uno di quei synth che non passa inosservato!
UN PO' DI STORIA
Il primo JD nel catalogo Roland risale al 1991. In un periodo di synth digitali caratterizzati dalla famigerata alpha-dial, Roland presenta un modello dalle dimensioni maggiorate, completamente ricoperto di slider e potenziometri: il JD800, secondo alcuni, è quasi un D50 totalmente programmabile. Nel 1993 compare anche la versione rack, il JD990, apprezzato ancora oggi, con alcune migliorie nella catena di sintesi e programmabile da JD800. Pochi anni dopo è la volta dei JP8000/JP8080 che inaugurano la serie Virtual Analog e restano fedeli alla filosofia one function-one knob. Non sembra un caso che JD sia diventato JP, a ricordare la storica serie Jupiter/Juno di Roland. Negli anni a seguire sarà la serie V-Synth, tra il 2003 e il 2007, a portare alta la bandiera dei sintetizzatori della casa nipponica. Queste macchine, evoluzione dell'avveniristico VP9000, propongono una miscela di gestione elastica dei campionamenti e motore di sintesi Virtual Analog. L'interfaccia perde qualche potenziometro/slider, ma guadagna controller nuovi e creativi come il TimeTrim Pad, touch screen e il D-Beam. Sempre restando nella fascia alta dei synth Roland, nel 2011 compare sul mercato il Jupiter 80, un synth che porta un nome molto importante, ma che non è di fatto una replica moderna del Jupiter 8, né un synth puro. È invece il JD-XA che, in piena era del ritorno dell'analogico polifonico, ripropone un pannello ricco di controlli e un motore realmente analogico, supportato da un generatore digitale SuperNatural, simile a quello presente su Integra 7.
PRO
Doppia generazione sonora
Pannello comodo e intuitivo
Sonorità moderna e convincente
CONTRO
Avremmo preferito più voci analogiche
Bello ma poco leggibile il pannello nero con scritte rosse
Mancanza data entry per variare parametri secondari
Modulazioni limitate
Info
Roland
www.roland.it
Prezzo: 2.290,00 €