Sign in / Join
0

Speciale: Sample pack, principi di programmazione


Oggi, quasi tutti i producer e i compositori, si avvalgono di librerie di campioni reperite online, che si tratti di vastissime collezioni di strumenti che non si ha la possibilità o i mezzi di campionare, sample di batteria, loop ritmici o melodici, o preset per synth virtuali.

Esistono delle enormi piattaforme di distribuzione, alle quali le maggiori label (etichette o aziende che producono pacchetti di suoni) affidano la vendita dei loro prodotti. Tra le più celebri citiamo l’immensa Loopmasters, sicuramente il più grande collettore di sample al mondo, con un’utilissima sezione bestseller e recensioni di riviste o producer affermati; Prime Loops, Big Fish Audio, Beatport Sounds, la lista potrebbe estendersi ancora a lungo. Su ognuna di queste troveremo una comodissima divisione per genere, formato e label, molto utile per orientarci e trovare rapidamente ciò di cui si ha bisogno. Non ci si può esimere dallo spendere qualche parola circa l’annosa querelle sound design contro utilizzo di campioni pronti o, per utilizzare una terminologia più vicina ai producer, creare ogni singolo suono all’interno delle proprie composizioni contro l’utilizzo di banchi di patch e drum sample. Sebbene occorrano molti distinguo, e non è questa la sede più opportuna per esaminare ogni singola situazione, possiamo tuttavia dire che una buona fetta di produttori non si prodighi in sforzi sovrumani per creare un suono, affidandosi a professionisti o in alcuni casi per pigrizia, non interrogand

Il rompler refx Nexus 2, uno dei virtual instrument più usati nelle produzioni elettroniche e non solo

osi nemmeno sulla provenienza dei suoi campioni. Un caso eclatante è rappresentato dal notissimo reFX Nexus, un rompler (ossia un collettore di patch e non un sintetizzatore, come in molti erroneamente definiscono), i cui suoni sono sicuramente di ottima fattura ma da qualche parte dovranno pur arrivare, dal momento che di oscillatori su Nexus non vi è traccia…non trovate? L’utilizzo sconsiderato (ossia affidarsi totalmente a suoni di terze parti) di questi strumenti può portare velocemente a un appiattimento dell’originalità. Di cont

ro, l’utilizzo di campioni non è da condannarsi aprioristicamente. La creazione di suoni, specie di drum sample, richiede moltissimo tempo, può togliere immediatezza alla composizione e isterilire rapidamente le idee (i producer sapranno bene che è divertente ricreare il suono del loro artista preferito, ma che tuttavia il suono può non incastonarsi nel mix, facendoci perdere tempo prezioso).

The making of, dentro al sample pack

Cosa richiedono le aziende che producono sample pack? In che quantità? Qual è l’approccio migliore per assemblare un pacchetto efficace? Il mercato dei sample è in continua crescita, come testimonia la fioritura di nuove label, ognuna spesso specializzata in un settore, ossia in un range di generi (ad esempio, sarà difficile reperire campioni realistici da Vandalism, così come patch EDM da Samplephonics). Questa distinzione preliminare può giustificare anche, se non sempre, una selezione di formati: One Shot letteralmente singoli colpi, campioni di parti di batteria, singoli accordi o addirittura note o effetti (che potranno poi comodamente essere utilizzate tramite campionatore), loop che generalmente sono quattro o otto misure (alcune aziende richiedono anche 16 misure) di strumenti vari come batteria, melodie, accordi e synth (pad, lead, arp, bass), Patch Library ovvero preset per un soft synth. I Project sono invece veri e propri brani di cui si fornisce l’intero progetto affinché il produttore possa apprendere qualche nozione sull’arrangiamento o sulla creazione di sonorità molto specifiche; MIDI, un numero variabile di file MIDI (formato che sta lentamente decadendo). Artist Serie: non c’è uno standard per questo tipo di pack, la differenza consiste nel fatto che il pacchetto porterà il nome dell’artista (chiaramente un producer molto affermato).

Requisiti di un pack

Osserviamo ora più da vicino le tipologie di sample pack, cercando di elencare le richieste standard delle aziende e fornendo qualche informazione utile circa la creazione di alcune sezioni. Le aziende forniscono sempre il format, il numero di campioni, ascolti e artisti di riferimento su cui basarsi e, di conseguenza, anche il genere e lo stile del pacchetto (sebbene molte di esse siano aperte a suggerimenti o proposte). A volte vengono richiesti anche i file MIDI dei loop e i preset utilizzati. Alcuni forniscono un comodissimo file in PDF che guiderà il producer indicando tutte le specifiche necessarie. Di seguito qualche esempio di commissione.

  • Sample Pack: genere Future Bass, sample 150 one shot e 250 loop, qualità 24 bit – 44.1 kHz, demo di tre – quattro minuti.
  • Patch Library: 120 patch per NI Massive, otto macro assegnati, demo di tre – quattro minuti.
  • Sample Pack: genere Sound Design Fx (Adventure, Horror), sample 300, durata dai 30 secondi ai due minuti (ogni campione qui dovrà essere piuttosto lungo per evolversi), demo di tre – cinque minuti.

Questo ci permette di fare un’osservazione: l’originalità non va mai slegata da solidi riferimenti e riconoscibilità. Spessissimo chi cerca un sample pack ha in mente dei suoni precisi, degli artisti precisi e sarà incentivato a comprare pack il cui sound è collaudato. Non mancano, tuttavia, aziende che promuovono sonorità estreme o pacchetti decisamente inusuali (Samplephonics ne è un esempio). I formati più comuni sono i sample pack composti da 150 one shot e 250 loop, ma non mancano eccezioni. La qualità richiesta è di 24 bit e 44.1 kHz in quasi ogni caso, salvo per pack di effetti e sound design, i cui campioni dovranno essere rigorosamente a 96 kHz. Dovremo fare attenzione a due cose per quanto riguarda loop e one shot: assicurarci cioè che non abbiano silenzi eccessivamente lunghi alla fine e che i loop ripartano senza soluzione di continuità, senza sbalzi e specialmente evitando artefatti sul punto di zero-crossing. Alcune aziende consentono misure aggiuntive dovute alle code dei riverberi, mentre altre richiedono il loop sia in versione dry che wet. Per evitare di dover rivedere il proprio lavoro, consiglio caldamente di accordarsi anche su questi piccolo dettagli che potranno farci risparmiare tempo prezioso.

Le patch library, come già detto, non hanno uno standard. Senza allontanarci troppo dal vero possiamo individuarne il range tra le 60 e le 150 patch. Anche in questo caso ci verranno forniti riferimenti ben precisi per quanto riguarda generi e artisti o, nel caso di patch per sound design e trailer music, colonne sonore a cui ispirarsi. In rarissimi casi vengono richiesti numeri precisi anche per le categorie di suoni; ad esempio Audio Imperia – The Massive Orchestra: 15 brass, 10 cinematic atmosphere, cinque organ, 20 percussion, 10 piano, 15 string, 10 woodwind.

Per alcuni sintetizzatori inoltre si richiede che tutti i macro control siano assegnati a qualche parametro, per permettere maggiore flessibilità e immediatezza nella manipolazione della patch.

Tips & tricks

La mole di lavoro può spesso sembrare enorme e tentare di creare suoni che non si sono mai sentiti può risultare frustrante, ma noi abbiamo alcuni consigli utili per velocizzare la procedura. Anzitutto, va da sé, occorre ascoltare diverse volte i riferimenti e, se reperibili, guardare interviste o tutorial che ci possano dare un’idea del workflow, oltre a mostrarci gli strumenti utilizzati, aspetto da non sottovalutare. Osservare più da vicino altri sample pack è spesso utilissimo per rendersi conto delle caratteristiche sonore degli elementi (ascoltando una traccia masterizzata potremmo comprendere solo parzialmente come suona una cassa in un genere preciso, o non sentire molti layer che compongono il suono principale). Dovremo infine fare i conti con i suoni. Per quanto riguarda i sample FM8, il synth virtuale a modulazione di frequenze di Native Instrumentsdi batteria, a meno che non si abbia la possibilità di registrare un kit o nel caso in cui ci commissionino campioni elettronici, dovremo avvalerci di sintetizzatori. Nonostante ci siano pochissimi tutorial a riguardo, kick, clap e snare sono create con i soliti sintetizzatori (niente di particolarmente complesso salvo i rullanti). Senza sconfinare in una dissertazione sulla drum synthesis, bastano pochi consigli a riguardo: la sintesi a modulazione di frequenza è estremamente funzionale allo scopo. In particolare, FM8 di Native Instruments è un tool essenziale grazie ai suoi inviluppi multistage, che permettono di intervenire a piacimento per regolazioni micrometriche. FM8 inoltre, a differenza di molti altri sintetizzatori a modulazione di frequenza, permette di programmare in totale libertà l’algoritmo. In altre parole, alcuni operatori potranno essere liberi di uscire direttamente, mentre altri moduleranno la frequenza di un altro oscillatore. È comunque possibile ottenere ottimi risultati anche con altre tipologie di sintesi. Altro tool essenziale è U-He Zebra 2, il quale, grazie alla sua struttura modulare, consente una libertà simile a quella di FM8 (include ben quattro oscillatori in FM, quattro oscillatori la cui forma d’onda è completamente manipolabile anche in modalità additiva, ossia decidendo ogni singolo parziale che andrà a comporre il suono).

Zebra 2 synth modulare virtuale di U-He

Il layering (stratificare verticalmente più suoni), è un’altra tecnica indispensabile per ottenere risultati originali e complessi. Può essere adottata in ogni campo, dalle parti melodiche (possiamo far suonare contemporaneamente due lead per ottenere un nuovo suono), ai sample di batteria (ad esempio, un kick sarà composto dal corpo, un’onda sinusoidale con un rapido inviluppo sul pitch e da uno o più click, che potranno essere una nuova sinusoide con una diversa escursione di pitch o del noise, il rullante da un click e dal noise che rappresenterà la cordiera, ecc.). Alcune aziende permettono la creazione di drum sample semplicemente partendo dal layering di campioni esistenti, purché il risultato sia completamente differente dagli originali, ma sono molte di più quelle che pretendono che ogni campione sia originale, fatto che rende una necessità l’apprendimento della drum synthesis. Per quanto riguarda l’esclusività del contenuto, va anche tenuto presente che non sarà possibile utilizzare librerie di terze parti: se risulta abbastanza scontato per quanto riguarda patch di synth, non lo è per campionamenti di pianoforti o strumenti acustici (ad esempio, non potremo costruire una patch library costituita da loop di pianoforte provenienti da librerie di Kontakt).

Tutto sotto controllo

Un aspetto che non si sottolinea mai abbastanza è l’organizzazione: salvare i progetti in cartelle specifiche per ogni lavoro, dedicare una sessione solamente alla creazione di una certa tipologia di sample, nominare ogni canale del mixer virtuale sono operazioni che velocizzano (e non di poco) il lavoro nel caso dovessimo rivedere qualche campione, oppure più semplicemente tornare sui nostri passi per salvare qualche patch che ci potrà essere utile nei prossimi lavori. Per gli utenti di Ableton, salvare i propri rack è un’altra risorsa molto utile a sveltire il lavoro.

La divisione dei sample per cartelle, seguirà di volta in volta le specifiche del genere e potrà essere più o meno libera a seconda del committente. È fondamentale che la struttura del pack sia chiara per orientarsi all’interno del contenuto. Solitamente si opta per una suddivisione in One shot e Loop. One Shot conterrà sottocategorie come Kick, Snare, Cymbal, Hihat, Chords, Fx. Loops conterrà le cartelle Pad, Drum, Lead, Pluck, Chord oppure cartelle più esotiche come Cursed Orchestra, Warped Piano a seconda del genere di libreria. Dare nomi originali alle nostra categorie può essere uno spunto interessante per rendere ancora più accattivanete e unico il pack, ma questo non deve mai andare a scapito della chiarezza: dobbiamo sempre fare in modo che si abbia un’idea chiara dei sample contenuti. Il numero di loop contenuti in ogni cartella è variabile e, spesso, indicato dall’azienda. Si richiede nella stragrande maggioranza dei casi, che i loop di batteria siano esportati in quattro versioni differenti: Full (il loop completo), Stripped (semplificato, senza percussioni o soltanto la ritmica basilare), Top (solo hihat e percussioni oppure il loop senza kick) e Variation/Percussion (una variazione del loop o solamente le percussioni di abbellimento). Sia per i loop di batteria, che per i loop di altro genere è sempre preferibile non eccedere con i volumi, lasciare headroom per ulteriori interventi da parte del producer è fondamentale per garantire una maggiore flessibilità. Ci sono casi in cui, naturalmente, questo obiettivo non sarà del tutto perseguibile: se ad esempio ci occupiamo di una pack Drum & Bass, i nostri loop di batteria saranno presumibilimente molto processati e poco flessibili.

Workflow & tools

Chiaramente non esiste una regola che ci indichi da dove cominciare. Tuttavia, l’esperienza consiglia di occuparsi prima degli one shot, in modo da avere dei tasselli con cui cominciare a comporre il proprio mosaico. Avere un’ottima varietà di drum sample, ad esempio, faciliterà il compito di creazione di drum loop (i quali, tra l’altro, occupano solitamente quasi la metà del numero dei loop). Per quanto riguarda loop melodici invece, possiamo muoverci in due direzioni: creare loop scollegati, ossia occuparci di tutta una singola categoria in una sessione senza preoccuparci che il contenuto di altre categorie abbia attinenza con questi; oppure possiamo creare dei mini brani, partire cioè da un loop e costruire un certo numero di battute come fosse un brano, per poi esportare le singole parti come elementi a sé stanti.

Il secondo metodo è spesso preferibile, specie perché alla fine del nostro lavoro dovremo fare i conti con la demo, un insieme di tre o quattro spezzoni di traccia della durata complessiva di massimo quattro minuti. Spesso, creando loop scollegati, questa operazione risulta difficoltosa (ad esempio, se scelgo un pad come elemento centrale di una parte di demo, ma non ho un loop di basso nella stessa tonalità, sarò costretto a crearne uno ad hoc, a meno che non voglia rinunciare a utilizzare quel particolare elemento). Occorre sottolineare con estrema forza quanto sia centrale la demo al fine della presentazione del prodotto, è infatti l’unico file che l’ascoltatore potrà sentire per convincersi della qualità del pack. Possiamo dire, senza timore di allontanarci dal vero, che gran parte del successo di un pack dipende dalla demo. Non è tuttavia sempre necessario seguire il secondo metodo, anzi occorre evitare che il nostro pack sia semplicemente la versione assemblata di cinque brani, ma che contenga una grande varietà di materiale, pur sempre coerente.

Una volta impostato il metodo di lavoro, occorre stabilire quali strumenti andremo a utilizzare. Inutile dire che dipende da una molteplicità di fattori, come il genere, la confidenza con un prodotto più di un altro ecc. Resta comunque valida una massima che recita di non provare nuovi prodotti quando ci si accinge a cominciare un nuovo lavoro, perché si rischierebbe di perdere molto tempo a esplorare ogni singola funzione del nostro plug-in o virtual instrument e, in questo campo più che mai, il tempo è denaro!

Presentarsi alle aziende

Cominciare a lavorare per aziende nel settore dei sample pack non è affatto complicato, sono spesso loro a contattare gli artisti o comunque sono spesso disponibili e interessate ad ascoltare del materiale o delle proposte per sample pack originali. Dell’originalità poi, occorre tener conto, dal momento che la competizione tra label anche in questo campo è accesissima. Dobbiamo dunque accertarci di fornire qualcosa che sul mercato non sia presente, o essere sicuri di fornire un prodotto che abbia possibilità contro i competitor.

Un’altra soluzione che ha i suoi vantaggi, è vendere per proprio conto i sample. Sebbene le aziende paghino le royalty o l’intero lavoro, si occupino della promozione e, soprattutto, abbiano già una fetta di mercato che garantirà un discreto guadagno, spesso i pack sono anonimi e avremo meno possibilità di essere notati come artisti. Nel campo del sound design per in cinema o per i trailer infatti, i compositori optano spesso per singole personalità che si occupano di librerie create appositamente per lo scopo. Un esempio di quest’ultima soluzione può essere The Unfinished, i cui suoni sono utilizzati in molti videogame e film.

Allegati

FileDescrizione
pdf AF06 Speciale_- Sample Pack

Leave a reply