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Femminile, maschile e terminologia scorretta


Il 30 giugno PAMA (Professional Audio Manufacturers Alliance) ha lanciato l’iniziativa di correggere parte del linguaggio professionale, ritenuto datata, e della terminologia per incrementare lo spirito di inclusività nella comunità professionale. Ce n’era bisogno?

Gli americani, ma non solo, hanno particolarmente preso a cuore l’idea di un linguaggio neutrale per la terminologia audio, che si riassume principalmente nelle definizioni di maschio o femmina per le connessioni e di master o slave per nel clocking. Un problema a cui noi italiani non abbiamo mai fatto caso, anche perché, a differenza dell’inglese, la nostra amata lingua distingue il femminile dal maschile non solo per i nomi propri ma anche per gli articoli determinativi. Da sempre l’italiano ha classificato i nomi propri in maschile e femminile, a differenza del mondo anglosassone che ne ha solo uno (the) e quindi necessita dell’aggettivo per indicare maschile o femminile. Nel mondo professionale, qualunque esso sia, il significato di una parola o un aggettivo può trascendere il linguaggio comune per assumere una connotazione unica all’interno di quell’ambito, che può anche avere un significato completamente differente.

L’idea di PAMA è partita da Karam Kaul di Harman, fondata sul concetto di rispetto ed è stata accolta da Audinate che si sta occupando di creare un framework come punto di partenza. La prima decisione è stata di eliminare il riferimento a maschio femmina per le connessioni, a favore di un più neutro plug e socket. Per una civiltà evoluta, che ci si aspetta basarsi sul totale rispetto reciproco delle differenze e dell’essere umano, la valenza di un linguaggio neutro può essere valutata come un passo avanti o un passo indietro. L’esempio classico è la presunta giustificazione per cui alcuni uomini siano dei predatori sessuali: molto erroneamente, c’è chi pensa che se l’uomo di comporta irrispettosamente verso una donna (o viceversa), la colpa del modo di vestire e comportarsi della donna. Questa è una giustificazione inaccettabile e meschina: chi si allinea a questo concetto non ha alcun rispetto per l’altro sesso, anche per problemi di cultura. Fino a quando manterremo una genesi dei comportamenti umani giustificata da motivazioni false, avremo sempre qualcuno che proporrà interventi di qualsiasi tipo, nell’ipotesi (largamente falsa) che parte dell’umanità abbia dei comportamenti sbagliati perché il sistema lo induce a questi comportamenti. Accogliamo quindi con favore l’idea di PAMA, perché cambiare la terminologia e il linguaggio in forme più precise e neutre è comunque un’evoluzione, ma ci chiediamo anche se dobbiamo essere considerati così inclini a essere influenzati da termini maschili e femminili che, per chi li usa, non hanno mai avuto alcuna connotazione sessista ma solo legato all’ambito professionale. La nostra risposta all’ultimo quesito è naturalmente negativa: ci rifiutiamo di credere che usare gli aggettivi maschio o femmina per le connessioni abbia in qualche modo influenzato il nostro comportamento.

A ogni buon conto, PAMA raccomanda le seguenti modifiche

Gand Master>Primary Leader

Master>Leader

Slave>follower

Male>plug

Female>socket

Dummy>no-op, fake, mock, stub

Tra le altre raccomandazioni, che trovate a questo link https://www.pamalliance.org/s/PAMA-Recommendations-for-Neutral-Nomenclature-in-Pro-Audio.pdf troviamo la necessità (secondo PAMA) di usare termini neutri come “loro” o “the user” invece che usare “lei” o “lui”. Lasciamo a voi ogni considerazione sulle altre raccomandazioni che potete leggere, perché a noi sembrano dettate dalla ferrea volontà di essere inclusivi a tutti costi, cancellando parte della tradizione linguistica fino a oggi.

Detto questo, che rimane la nostra opinione, il rapporto tra la lingua italiana e la terminologia tecnica è talvolta stato difficile quando si parla di maschile e femminile.

Pensiamo per esempio ai monitor da studio: usiamo il maschile per definirli (i monitor) ma poi il femminile quando parliamo di coppia di monitor e usiamo il marchio (per esempio le Genelec, le PMC, le ADAM). Recentemente abbiamo assistito a un cambio di articoli determinativi maschili e femminili per alcuni oggetti audio. Fino a oggi abbiamo sempre visto scritto e detto il DSP (dalla traduzione di processore digitale), ma qualcuno comincia a scrivere la DSP (forse sottointendendo la scheda DSP?), come anche la channel strip (traduzione di striscia di canale) con un meno ortodosso il channel strip. Nessuno, per ora, ha ancora scritto di un equalizzatrice o di una limitatrice, ma chissà che non accada. Anche il mondo delle tastiere ha il suo bel da fare. In cima alla classifica c’è il protocollo MIDI e l’interfaccia MIDI, per cui c’è chi scrive e dice il MIDI (riferendosi al protocollo) e la MIDI (per l’interfaccia), con un clamoroso errore da matita rossa quando confonde il protocollo MIDI con i Midifile, che sono invece sequenze MIDI su più tracce definite dal protocollo stesso. E poi c’è l’ingresso recente del termine keybed, a indicare quello che una volta si chiamava (e si chiama ancora oggi!) meccanica di tastiera. Il bello è che se chiedete a Google Translator, esso traduce keybed in tastiera, che non ha nulla a che vedere con la meccanica!

Tra gli equivoci più facili in cui incappare c'è il genere relativo al mondo delle tastiere. Si dice il Modal Argon 8 o la Modal Argon 8? Nel caso di puri sintetizzatori, andrebbe usato l'articolo maschile, in onore del termine sintetizzatore che è appunto maschile. Se fosse però una workstation (Roland Fantom per esempio), si potrebbe usare anche il femminile che rimanda al concetto di stazione di lavoro. Tuttavia una workstation è spesso anche un sintetizzatore, per cui potrebbe essere chiamato al maschile. La scelta del genere, quindi, evidenzia per l'esperto di questo mondo, il grado di conoscenza di chi scrive Di certo c'è che il pubblico meno informato assegna a qualsiasi strumento musicale con i tasti il termine tastiera, quindi femminile, per cui può capitare di leggere la Modal Argon 8, che anche per noi è non accettabile conoscendo il prodotto. Lo stesso discorso si potrebbe sovrapporre all'arranger, cioè una tastiera sofistica in grado di creare un arrangiamento automatico come i prodotti di Ketron. L'arranger dovrebbe essere inteso in senso maschile (arrangiatore), tuttavia sembra prevalere in questo settore la dizione al femminile, in riferimento al concetto di tastiera.

La lingua e il suo dizionario si evolvono sempre e non sta a noi giudicare se questa evoluzione si corretta o meno, perché alla fine vince l’uso che se ne fa, anche se storicamente potrebbe essere sbagliato.