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Test - Bad Dogs P1: dalla precisione dell’SSL al colore del vintage

Rapporto qualità/prezzo10
Costruzione9
Suono10
Facilità d'uso10
9.8

P1 è il preamplificatore in formato API 500 in Classe A a transistor, prodotto ad Arezzo da Francesco Canacci, da cui il nome di Bad Dogs, dopo anni di lavoro in Inghilterra come progettista elettronico per aziende di audio professionale importanti. Non è un semplice preamplificatore e riserva parecchie sorprese sonore grazie all’idea di inserire un trasformatore in uscita, al momento un Jensen e un Lundahl.

P1 si presenta con una livrea nera e ben pochi fronzoli grafici, il che lo fa passare quasi del tutto inosservato nel rack colorato di moduli API 500, dove siamo abituati a gare di design tra i produttori. La scelta di un profilo estetico minimale è dettata dal risparmio sugli orpelli mantenendo alta la qualità dei componenti e del progetto. Il circuito di preamplificazione è in Classe A a transistor, in formato SMD, evitando operazionali sul segnale microfonico; solo un paio di condensatori in ingresso e uscita sono stati inseriti per ragioni di protezione. L’unico operazionale presente serve per il controllo del led di segnale.

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Le caratteristiche

Come tutti i progetti in Classe A, si parte con un minimo di preamplificazione di 6 dB che qui raggiungono i 65 dB al massimo. Il preamp incorpora un filtro HPF molto gentile, da 12 dB/Oct a 80 Hz, l’inversione di polarità, il pad a -20 dB, l’alimentazione Phantom e un jack su pannello per l’ingresso DI sbilanciato, con pulsante dedicato. Un led a tre colori visualizza lo stato del segnale amplificato (rosso a +16 dB), posto sopra il potenziometro di gain. Tutto nella normalità di un preamplificatore essenziale. Le specifiche parlano di una uscita massima di +26 dBu, impedenza d’ingresso microfonico a 1,5 kOhm, massimo livello d’ingresso a +31 dBu con pad inserito, risposta in frequenza da 4 Hz a 50 kHz a -3 dB con 65 dB di gain e una distorsione THD-N a 0,004% a 1 kHz.

L’ingresso DI ha una impedenza di 1 MOhm, con range del gain da -5 dB a +45 dB, livello massimo d’ingresso di + 23 dBu e stessa risposta in frequenza del circuito per microfono. L’uscita senza trasformatori ha una impedenza di 60 Ohm e il rumore di fondo è di -127 dBu, valore quest’ultimo che lo rende un preamplificatore silenziosissimo.

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La magia del trasformatore

Dove P1 stacca tutti gli altri preamplificatori è nella possibilità di installare un trasformatore in uscita 1:1, senza alcuna necessità di conoscere qualcosa di elettronica, per ottenere colori e comportamenti differenti. L’installazione non richiede alcuna esperienza: è sufficiente posizionare correttamente il trasformatore e premere con una certa forza fino a che i piedini scattano nel loro alloggiamento, e il gioco è fatto. Due jumper interni abilitano l’invio del segnale al trasformatore prima dell’uscita. Al momento, Bad Dogs mette a disposizione il trasformatore Jensen JT-11-HFMPC e il Lundahl LL1517, che hanno un carattere molto differente.

Il Jensen, con un core in nichel, ha una impedenza di uscita di 700 Ohm con una distorsione armonica dello 0,01% a 0 dBu a 20 Hz che scende a 0,005% a 1 kHz e + 20 dBu. Il Lundahl ha una impedenza di uscita di 100 Ohm ma con una distorsione armonica dello 0,3% a 20 Hz 0 dBu che scende a 0,008% a 1 kHz a+ 20 dBu. L’impedenza d’uscita e la distorsione armonica sono così differenti tra loro da giustificare sulla carta, e non solo, un colore timbrico differente e udibile.

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bad dogs p1 con trasformatori lundahl

Analisi

Mentre la distorsione armonica del P1 è praticamente assente, ai fini della colorazione del timbro, la situazione cambia con i trasformatori. Bastano due immagini per capire la differenza. Il Jensen introduce la terza armonica solo nel range delle basse frequenze con un livello di circa -66 dB, rispetto al segnale di test, e leggera distorsione di fase sulle basse frequenze. La terza armonica ha un livello molto basso, da essere trascurabile, ma è presente costantemente su tutto il range di frequenze, con un leggero aumento sotto i 100 Hz che si incrementa verso i 20 Hz.

Il Lundahl è invece più selvaggio: produce una serie di armoniche dispari in scala discendente, assieme a livelli molto più bassi di seconda e quarta armonica. La distorsione è presente anche sulle frequenze medie, a differenza del Jensen che tende a spegnere la distorsione armonica raggiungendo le medie frequenze. la distorsione di fase, comunque molto contenuta, è quella che ci aspettavamo sotto gli 80 Hz, cioè aumenta scendendo sulle basse frequenze, pur rimanendo ampiamente in un range (circa 9 gradi sfasamento) che non danneggerà mai la fase nel mix.

Il Jensen colora solo sulle medio basse, mentre il Lundahl è presente su tutto lo spettro, con un peso maggiore sulle medio basse. Si potrebbe chiudere qua l’analisi, ma quando ci sono dei jumper sul circuito è possibile arrivare a configurazioni non previste. Così abbiamo deciso di misurare il trasformatore con un jumper su trafo e lasciando l’altro sulla posizione senza trasformatore. Sorpresa! Abbiamo trovato un altro schema di distorsione armonica, questa volta combinando seconda e terza armonica. Sentito il progettista, ci ha detto che in teoria quelle configurazioni dovrebbero avere dei limiti, come un’uscita sbilanciata o più rumore, ma il bello dell’audio è trovare anche compromessi differenti, purché siano utilizzabili come in questo caso.

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L'alloggiamento del trasformatore con i due jumper

In prova

Avere la possibilità di saggiare un preamplificatore con due trasformatori differenti non capita tutti i giorni e, soprattutto, consente di affinare il proprio ascolto critico per capire le reali differenze nel suono. Partiamo dal puro preamplificatore, senza trasformatori: il suono è cristallino e vivace, mai artificiale sulle alte frequenze e con una minima colorazione che permette di mantenere presente il suono amplificato, ma senza aver alcun carattere di freddezza, rigidità e artificiosità, conservando correttamente il corpo del suono con un bel punch analogico. E’ un preamplificatore di classe elevata, silenziosissimo nonostante il circuito a componenti discreti, prevedibile nel comportamento del gain utilizzando un circuito di feedback negativo con percorso del segnale completamente bilanciato. Il potenziometro di gain segue una scala logaritmica con la maggior parte dell’amplificazione quasi a fine corsa.

Tra tutti i preamplificatori che abbiamo usato in questi anni, si avvicina moltissimo alle prestazioni delle classiche console SSL: adatto a riprendere la voce femminile come maschile, si trova molto a suo agio nelle produzioni EDM, con un’ottima precisione della DI per i synth analogici o digitali, e una descrizione della voce che si sposa con i concetti di hip hop, trap e pop più moderni. La risposta dinamica è sempre controllata, ma mai schiacciata, con una precisazione connotazione sulle alte frequenze che non sono mai harsh o accentuano le sibilanti, rendendolo molto naturale e fresco, perché comunque riproduce il range medio alto con grandi capacità. La sua pulizia si coglie molto bene anche sulle basse frequenze, altrettanto precise e così flessibili da spaziare tranquillamente tra il jazz all’EDM più spinta, senza impartire un particolare colore, se non una piacevolissima analogicità che non sfianca mai i transienti.

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Bad Dogs P1 Lundahl a 40 Hz analisi distorsione

Dove l'abbiamo provato

Abbiamo ripreso un pianoforte acustico con un Neumann U67 recente e i risultati sono stati all’altezza della situazione, con una registrazione precisa e perfetta, senza alcun rumore aggiunto. Uno dei vantaggi maggiori di P1 è la sua estrema silenziosità, che permette di spingere verso l’alto in condizioni difficili. L’impedenza d’ingresso è stata sufficiente anche per microfoni a nastro rigorosamente passivi ma qui si sente l’esigenza di un pre dedicato. Molto interessante l’ingresso DI, che ha impresso un bel suono rotondo ma preciso sia per le chitarre elettriche che per un Rhodes d’annata. Già solo senza trasformatori, il P1 è un ottimo preamplificatore che nulla ha da invidiare agli altri pre anche molto più costosi. E’ un po’ meno elastico quando si utilizza per registrare ottoni, ma molto dipende dall’accoppiata con il microfono.

Per esempio il dinamico Shure SM57 trova in P1 un ottimo alleato per le chitarre distorte. Nei microfoni a condensatori più spinti sulle medio alte tende a restituire un suono più naturale, rendendo più malleabili quelle sibilanti eccessive dovute alla qualità del microfono. Dove la differenza si coglie è nell’uso con i trasformatori. L’inserimento del trasformatore è un gioco da ragazzi: il Jensen si rivela essere quello più ancorato ai piedini, rispetto al Lundahl che è un po’ meno stabile una volta inserito. In nessun caso si sono staccati dalla scheda durante l’uso o l’installazione in verticale. I trasformatori sono due assi nella manica incredibili: il Jensen ha un suono tipicamente americano con un lievissima enfasi sulle bassissime frequenze che rimangono però controllate. Le medie sono molto cremose e dolci, adattissime alla musica acustica, a un pianoforte o a una chitarra acustica.

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Jensen 40 Hz distorsione armonica

Sulla voce

La voce ne esce con una migliore presenza delle medio alte, ma senza sibilanti, con quella sensazione di dolcezza che accarezza le orecchie e che sa tanto di registratore a nastro e studio di alto livello.

La patina sulle alte frequenze, che di solito si ricava facilmente con un 1073, è qui presente ma contenuta, creando un timbro adatto al jazz, a voci sussurrate, grazie al bassissimo rumore, con una narrazione dinamica più controllata rispetto al Lundahl. Il Jensen è da considerare, tra i due trasformatori, quello più elegante e classico, con una leggera de-enfasi sulle altissime frequenze e un suono quasi da registratore a nastro per il modello di traduzione della risposta in frequenza. Il Lundahl è adatto a chi cerca più potenza sulle basse frequenze e un suono leggermente più rock, dove le alte frequenze sono minimamente portate avanti rispetto alle medie che, per l’esuberanza sulle basse frequenze, sono scavate nel mix. Ne consegue, per esempio, che la ripresa di una chitarra acustica può essere governata meglio nel mix, mentre il basso acquista un maggior corpo.

Sulle voci il Lundahl va provato di volta in volta: gli ascoltatori non si accorgeranno di grandi differenze, ma ci sono. Se trovate una voce femminile o maschile troppo carica sulle medio basse con il microfono sbagliato, il Lundahl è capace di rimettere un po’ a posto le cose. La nostra linea guida per la scelta dei due trasformatori, nel caso del P1, si è completata con diverse prove che ci hanno condotto a immaginare il posizionamento sonoro dei due: più equilibrato e adatto alla musica acustica suonata il Jensen, più flessibile e colorato il Lundalh, con entrambi i trasformatori che agiscono minimamente sui transienti rendendoli un pizzico più morbidi.

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Bad Dogs P1 Lundahl a 40 Hz fase

Versione senza trasformatori

Al P1 senza trasformatori va il compito di preamplificatore preciso ma mai freddo, con un suono vicino alle console SSL più moderne, ricco di microdettagli che esaltano riverberi, delay e la raccolta dei dati dell’ambiente di ripresa. Nel caso per esempio della ripresa di overheads, il P1 senza trasformatori si è rivelato strategico per una successiva elaborazione per tirare fuori la stanza con compressioni parallele. Non avremmo mai immaginato di sentire delle differenze così nette tra i due trasformatori. Verrebbe voglia di averli entrambi sulla scheda e un bel pulsante per selezionarli alla bisogna.

P1 con Jensen diventa fantastico per qualsiasi ripresa di musica acustica, per il jazz, il soul, l’R&B e la musica classica. Il Jensen toglie il rigore dei transistor; i transienti più arrotondati e l'enfasi sulle basse frequenze aiutano molto nella ripresa di basso e cassa. Storia diversa per il Lundahl, meno elegante e più rock; quando si cerca un suono vivo, a volte imprevedibile, colorato su tutto lo spettro e più sporco sulle medio alte, il Lundahl è una garanzia. Cercare voci o suoni distorti con il Lundahl è questione di scelta di gain. Si va da una fine esaltazione delle medio alte a distorsioni più sfacciate. Si accoppia bene con la ripresa delle chitarre distorte e acustica, con i synth analogici più brutali ed elettrici, e sulle voci a cui si voglia dare più spessore e carattere.

C’è infine una quarta possibilità non citata: posizionando i jumper come se non ci fosse il trasformatore che però è inserito, accade che l’uscita non passerà dal trasformatore installato ma avrà comunque una modulazione generata dall’avvolgimento primario del trasformatore, inserendo distorsione armonica sulle basse frequenze.

Altre opzioni

E poi ci sono le altre due opzioni con i jumper non accoppiati, che raccontano una storia ancora diversa. La nostra preferenza? Ci è piaciuto moltissimo il Jensen; in un istante abbiamo sentito i colori delle migliori produzioni analogiche degli anni ‘60 nel jazz e degli anni ‘70 per il pop, il soul e il rock più sofisticato. Grazie al pad, lo abbiamo usato anche in mastering per colorare il bus stereo con un passaggio prima della finalizzazione. Bello anche il Lundahl, ma non è entrato in risonanza con le nostre corde che chiedono meno invadenza, ma sono gusti molto personali. Ognuno è liberissimo di scegliere il proprio trasformatore, anche se suggeriamo di provarli entrambi per scegliere a ragion veduta.

Alcune note a margine: per evitare il classico bump quando si attiva l’alimentazione Phantom o si collega uno strumento all’ingresso DI, occorre azzerare il gain. L’uso dei jumper, in un preamplificatore così versatile, non è l’ideale: un selettore su pannello sarebbe stato perfetto per scegliere tra tutte le opzioni possibili. La grafica del pannello, infine, non è esaltante, anche se può avere senso per alcuni generi musicali urbani; nessuno lo noterà nel rack e si sa come tutti vogliano un bel prodotto da vedere con gli occhi. A noi la cosa interessa ben poco, perché l’importante sono i risultati timbrici che qui ci sono tutti.

Conclusioni

Bad Dogs P1 è un preamplificatore molto furbo; due semplici jumper lo trasformano in un preamplificatore dai colori sofisticati e caldi con il Jensen al rock e del Lundahl. Il prezzo è eccellente. Se siete in cerca di qualcosa fuori dal coro, che renda più personale il vostro studio e il vostro suono, P1 è un’ottima scelta. Ne basta solo uno per fare la differenza anche negli studi minimali basati su interfaccia audio, DAW, un microfono e un preamplificatore. Il genio italico c’è tutto, al flessibilità sonora è enorme! C’è da sperare che la produzione prosegua per anni, perché questo è un preamp per serie 500 che merita di essere conosciuto.

 

Pro

Flessibilità sonora con i trasformatori

Classe A a componenti discreti

Costruzione

Suono

Contro

Jumper solo sulla scheda

 

Info

Bad Dogs Audio

Prezzo P1: € 419

P1 con Jensen JT-11.HFMPC: 509 €

P1 con Lundahl LL1517: € 509

P1 in bundle con entrambi i trasformatori: € 599