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To Mix Or Not To Mix, mono to stereo


L’importanza del mono nell’era dell’ultra wide

L’audio nei dischi fino agli anni ‘50 circa era mono, anche se la scoperta della stereofonia come tecnica di ripresa risale agli anni ‘30 (grazie all’ingegnere Blumlein della EMI, noto a molti per la famosa tecnica di ripresa microfonica stereo). Il primo periodo della stereofonia nei dischi era radicalmente differente a quello a cui siamo abituati oggi; nel primo periodo la stereofonia era spesso utilizzata per descrivere la posizione dei musicisti, quindi era frequente (sono moltissimi i dischi jazz) trovare panning estremi, per esempio con il contrabasso o la batteria solo su un lato! Pian piano anche grazie all’aumento delle tracce disponibili nei registratori multi-traccia usati in studio, la stereofonia dei dischi ha preso la forma a cui siamo abituati oggi, cioè con un utilizzo del panning non solo per il posizionamento nel campo stereo ma anche per descrivere il posizionamento unito alle informazioni spaziali (dove influiscono maggiormente le differenze di fase rispetto a quelle di intensità).

apertura

Processori di enhancement

La suggestione dell’esperienza stereofonica ha portato alla creazione di processori dedicati all’enhancement della stereofonia basati spesso sull’esaltazione dello shifting delle fasi a discapito molto spesso della mono-compatibilità. Questa tipologia di processori, una volta usata solo nelle fasi finali di produzione, ha iniziato a fare sempre più parte del processo di produzione fino ad arrivare ai giorni nostri dove moltissimi virtual instrument possiedono campioni stereofonicamente molto aperti, attraverso processing di enanchement. Quindi molte sorgenti utilizzate attualmente partono da una base con stereo enfatizzato e spesso vengono ulteriormente enfatizzate, per poi finire nelle radio/tv dove gli ennesimi processori di stereo enanchement danno il colpo di grazia rendendo tutto superwide; questo ci fa perdere il focus sul centro e, in molti casi, l’audio viene mandato ancora in formato mono, con un’alterazione radicale del mix finale dovuta all’annullamento per controfase di molti elementi spesso anche fondamentali. In uno scenario del genere è molto importante cercare, nei limiti, di garantire la consistenza della parte mono, non solo per la mono-compatibilità, ma anche per una solidità generale del mix finale.

 

L’importanza dei riverberi mono

La profondità e spazialità di un mix non è data solo dall’apertura stereofonica ma anche dall’utilizzo degli ambienti; una scuola importantissima in tal senso è data da tutta la produzione Motown, in gran parte full mono, dove l’utilizzo dei riverberi mono assieme al balance sono in grado ancora oggi di dare un’esperienza di piacevole spazialità pur essendo mono. Ecco, l’utilizzo dei riverberi mono (ovviamente anche assieme a quelli stereo) è una delle strade per creare una grande solidità del canale centrale. Durante le sessioni di mix è molto importante, a mio giudizio, monitorare il nostro prodotto in mono ed effettuare alcuni balance direttamente in mono; sarà piacevole scoprire come, ritornando allo stereo, tutto ci sembrerà più a fuoco e incisivo.

 

Il mono anche in registrazione

Anche durante le registrazioni l’utilizzo di sorgenti mono, assieme a quelle stereo, può essere un valido


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ausilio per dare solidità al nostro suono stereo. Esempi pratici possono essere la mono room della batteria o un microfono mono aggiuntivo per la ripresa del pianoforte, sorgenti queste perfette per conferire un panorama stereo finale corretto e bilanciato. La solidità del mono nell’era dell’ultrawide è paradossalmente più importante dello stereo stesso o, meglio, è una componente da non sottovalutare (o peggio dimenticare). Quindi, come amo spesso dire: in mono veritas!

 

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